“Venti maggio Stadio Olimpico” il nuovo libro di Massimiliano Amato, edito da Cento Autori che ieri alla presentazione de il Casalese e the Cosentinos, alla festa di regionale di Sel, Massimiliano ha regalato a mio figlio. Un libro che in questa sera calda e da passare in fretta, io e Nanni abbiamo letto in men che non si dica. Che dire: bello. Si proprio bello questo libro favola che Amato ci ha regalato. Bello sul serio il nostro giudizio e non solo perché supporter. Bello e accattivante il nostro parere su queste cento pagine lette in poche ore. Il parere è quello di due tifosi innamorati della squadra e della città che Massimiliano non cita mai, la chiama “città di mare con vulcano”. Delicate, avvincenti e romantiche queste pagine. Lo sfondo è la partita di calcio Napoli – Juventus all’Olimpico. Dal titolo avrete capito che trattasi della finale di Coppa Italia del 2012. La storia è quello di uno scugnizzo di vico Melofioccolo nei pressi di piazzetta Banchi Nuovi. Uno scugnizzo che va in un istituto, famiglia difficile, che viene adottato da un Ingegnere emigrato dalla città delle mozzarelle (Caserta), alla città delle Alpi (Torino). Ingegnere della Gran Fabbrica, matrimonio di convenienza diventato tifoso della squadra nazionale come la chiama lui. In questo libro non ci sono nomi ma espressioni per definire uomini, donne, città e giocatori. Così Maradona diventa, il Dio del Pallone; De sanctis è il Pirata; Borriello è centravanti con baffetti e sfumatura alla Clark Gable; Lavezzi diventa il Gaucio tatuato; Hamsic,il ragazzo con la cresta e i denti da castoro e Cavani diventa il bomber con la faccia da Indio. Avevo qualche difficoltà ad associare i nomi ai nostri beniamini, Nanni, mio figlio, no: associazione immediata. Solo su uno sono riuscito a precederlo. L’ingegnere che diventa il padre adottivo di Totò ricorda la partita di coppa Uefa Napoli -Juventus dell’89 quando i “giocatori dalla maglia azzurra” rimontarono il risultato della andata con gli ”strisciati”. Il 2-0 dell’andata diventò 3 a zero ai supplementari grazie al goal di un difensore: “era alto e sgraziato, una specie di gru spelacchiata…”. “Chi è” mi ha chiesto mio figlio? Con grande soddisfazione ho risposto all’istante: “Renica”. Come si fa a non ricordare! Risposta di mio figlio: “beato te che hai visto quei goal!” Su un’altra cosa mio figlio è rimasto perplesso. Per lui la Grande fabbrica della città sotto le Alpi è l’industria del Gianduiotto. Buon gustaio! Quando gli ho detto che la Gran fabbrica è la Fiat, ci è rimasto male. Ha detto “ma non è a Pomigliano che fanno le auto?” “Speriamo le facciano e per lungo tempo a papà”, la mia risposta.
Una scrittura raffinata e che sa di popolare nello stesso tempo, quella di Massimiliano Amato, che vede una Napoli non oleografica che spoglia di tutti gli orpelli la città di mare con vulcano. Una città che nel bene e nel male, non è più quella del passato, anche se a rappresentarla sono spesso i segni che sanno di antico e fanno ancora male al ventre. L’unico nome che sa di Napoli è quello del protagonista: Totò. Si perché Totò è Napoli è il principe di una città suddita di un interregno a volte anche di sudditanza. Chissà perché quando si emigra si devono prendere anche le cadenze della città che dà lavoro. Forse è un modo falso e cortese per ringraziare, chissà! Chissà perché tra i tanti leghisti ci sono tanti meridionali che teorizzano il celodurismo. Chissà perché i leghisti più beceri e accaniti contro il Sud sono proprio i meridionali trapiantati! Forse anche per questo hanno fischiato l’inno il 20 maggio! Una semplice risposta a forza Vesuvio? Non credo. Chissà perché molti meridionali tifano per le squadre del nord! Non lo capirò mai!
La partita, la finale, l’Ingegnere, Madame (sua moglie) e Totò la vedono nel salone. Primo tempo mamma e papà adottivi sul divano, lui al centro della stanza. Totò soffre. Era diventato per caso tifoso degli “strisciati”. Era un fatto quasi naturale per lui ragazzo del sud trapiantato al nord diventare strisciato. Ma non gli andavano giù i cori razzisti, le offese gratuite. Poi la partita persa tre a zero nel ritorno di campionato 2011-2012 e “oj vita oj vita mia” cantata dai tifosi strisciati a mo’ di sfottò. Una offesa troppo grande: la presa in giro di un pezzo di storia della città di mare con vulcano. Soffre Totò non riesce a vedere la partita con i genitori. Va nella sua stanzetta. Abbassa il volume. La città è in festa per il ritorno del grande Torino in serie A. Rigore e goal. Azzurri in difesa poi il secondo goal della squadra azzurra, nella sua stanzetta, con il volume basso della tv, capisce veramente “…cosa era e cosa voleva. E chi sarebbe stato nella vita”. Commuovente tutta la parte finale, da leggere.
A Massimiliano Amato dico grazie per la bella serata che mi ha fatto trascorrere con mio figlio e per la bella favola che ha regalato all’antica e nobilissima capitale in cui, in quella serata magica, sono confluiti tutti i sud del mondo.
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