C’era una volta la Fiat…

C’era una volta la Fiat ed il suo piano chiamato “Fabbrica Italia”. Un piano che aveva un unico grande obiettivo: eliminare diritti in nome della competitività. Il piano passò prima per Pomigliano, in terronia, “o bere o affogare” disse Marchionne a coloro i quali non volevano piegarsi. Piegarsi a chi, piegarsi all’uomo che guadagna come 6000 operai e paga le tasse in Svizzera e parla a chi lavora su una catena di montaggio di lavoro? Quale il modo migliore per far decidere gli operai? Con un metodo democratico, anche Hitler arrivò a governare con le elezioni! Quale metodo, su, è semplice, Il referendum: o questo, o l’azienda chiude. Al referendum sull’accordo per il futuro di Pomigliano d’Arco vinsero i sì con il 63,4%, ma i voti contrari raggiunsero il 36%, più di quanto la Fiat si aspettasse. Al termine del lungo scrutinio delle 4.642 schede (su 4.881 votanti) i favorevoli risultano 2.888, contro i 1.673. Poi la chiusura di Termini Imerese poco competitiva: costa molto costruire le auto sull’isola e venderle sulla terra ferma. Nessuno si accorse politica e sindacati compresi, ad eccezione della Fiom, della storia del pistone Fiat che parte da Pratola Serra in provincia di Avellino per giungere in Messico montato su un motore per poi essere di nuovo imbarcato per tornare in Italia e montato su un’auto. E poi dicono che Termini Imerese è poco conveniente. Infatti costruire un’auto su un’isola e poi imbarcarla per portarla sul continente non è conveniente costruire il pistone ad Avellino, il motore in Messico, l’auto in Italia, SI!!! Poi dopo aver esportato un pezzo di Polonio, Romania e Cina in terronia, bisognava estendere il progetto sud al resto del paese ed ecco il referendum anche a Mirafiori lo storico stabilimento di Torino. La lunghissima notte del referendum Fiat si concluse con un risultato sorprendente. I voti favorevoli all’accordo di Mirafiori prevalsero, ma solo di un soffio: si fermo al 54,7%. A far pendere la bilancia nei confronti del sì furono gli impiegati. Poi la chiusura della Irisbus l’unica azienda italiana che costruiva bus. Fiat ha scelto una linea di puro scontro per la competitività, basata sulla ulteriore riduzione del costo del lavoro e sull’incremento dello sfruttamento del lavoro vivo. Marchionne non solo è riuscito a dividere il sindacato, ma a distruggere la Fiat nel nostro paese. Una azienda che nel corso della sua lunga storia a sempre socializzato le perdite e portato a casa i profitti!!! La Fabbrica Italia parte ma senza il consenso della Fiom. Arrivano le  solite accuse si è contro la modernità, la competitività etc etc. Oggi l’annuncio del furbetto dope aver cancellato diritti e creato uno scontro senza precedenti in un periodo di crisi come questo: La Fiat archivia il piano “Fabbrica Italia” con cui due anni fa aveva promesso 20 miliardi di investimenti in cinque anni. La lotta di classe capovolta, come sostenevano alcuni di noi, una piccola minoranza del nostro paese, si è attuata. Come sempre la socializzazione delle perdite e l’introito degli utili ha penalizzato e continuerà a penalizzare il nostro paese se non corriamo ai ripari e subito. Serva una centralità del lavoro oggi più che mai.

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