Il Cavallo di Ritorno

il-cavallo-di-ritornodi Tonino Scala

Se questo è il nuovo Peppe Lanzetta, non posso che affermare senza ombra di dubbio che questo è il Lanzetta che mi piace, anzi di più! Ho appena finito di leggere il primo giallo in salsa lanzettiana che farà molto discutere. Diverso dai libri che lo scrittore napoletano ci ha regato in questi anni, diversissimo dai gialli scritti fino ad ora su Napoli, anomalo, talvolta irriverente, crudo, geniale, cattivo, romantico e tenero. Lanzetta con Il cavallo di ritorno riesce a trasformare una storia tutta napoletana in un thriller psicologico che proietta Napoli e i suoi racconti talvolta crudi, noir, surreali, ironici, amari, in un contesto internazionale. Un libro che ha una prefazione autorevole, quella dell’inventore del commissario Ricciardi, lo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni: “Il romanzo che avete fra le mani parla di sangue, di dannazione e d’amore. Non cercate i buoni e i cattivi, perché non li troverete. Troverete però un pulsare sordo e costante, quello del cuore nero della città moribonda e immortale.” Come non essere d’accordo!

Peppe Lanzetta, così come ha fatto Attilio Veraldi negli anni settanta, porta Napoli fuori dai confini. Una storia che è Partenope, ma travalica, poteva essere rappresentata in ogni dove, qui la bravura dello scrittore che abbiamo imparato ad amare con Figli di un Bronx minore. Sono giorni importanti per Lanzetta è iniziata una seconda vita artistica, è appena uscito nel sale Take fine che lo vede protagonista. Nel film veste i panni di ‘o Sciòmen, un ladro depresso e omosessuale, un’interpretazione degna di un grande attore; ma non finisce qui a novembre è in cartellone al Teatro Augusto di Napoli con uno spettacolo da lui scritto Pascià che lo vede, tra le altre cose, anche attore protagonista al fianco di Federico Salvatore. Se a tutto questo poi aggiungiamo il romanzo in questione, possiamo apprezzare de visu il nuovo percorso artistico di un autore che per primo ha messo le mani nell’inferno napoletano.

“Il cavallo di ritorno. La prima indagine del commissario Peppenella” è, come dicevo, un giallo anomalo, c’è il Lanzetta che conosciamo, ma c è qualche cosa in più in una storia che vi appassionerà di sicuro. Il racconto è quello di una gang, una banda composta da tutti ragazzini e guidata da un vecchio malfattore, don Salvatore ‘a Pucchiacca. La banda ha un nome che è tutto un programma: la banda della merda. Don salvatore ha dato agli ottantasette ragazzi che la compongono, un nome che a Napoli ha un grande significato: Diego. Ottantasette, per chi tifa Napoli, è l’anno del primo scudetto, un periodo da ricordare, da rievocare, da non dimenticare: amen. Don salvatore e i suoi lavorano nel campo del cavallo di ritorno, tecnica molto in voga nel golfo più bello e scombinato del mondo. I Diego rubano le auto, poi arriva una chiamata al proprietario della macchina trafugata, da parte dell’organizzazione con la proposta di un riscatto, appunto il cavallo di ritorno. In questa città particolare, dove il crimine è diventato consuetudine, c’è chi va oltre quello che è diventato oserei dire costume, una cattiva usanza, spingendosi a chiudere il cavallo di ritorno per le statue, per i morti. Mi auguro solo che la malavita non prenda seriamente come spunto, la lucida follia dell’autore! Tra un cavallo di ritorno e l’altro si snocciolano storie vissute in una città inferno e paradiso, con una maestria unica. Furti, amori fugaci, ironia e morti, troppi morti. Omicidi che fan sbattere la testa al commissario Peppenella amante della musica di Aznavour, del Kebab anche a prima mattina e della Juventus. Troppi morti, troppe coincidenze a Napoli c’è un serial killer che uccide con sette coltellate e un filo di ferro. I due agenti che seguono il commissario ciccione, rigorosamente tifosi del Napoli, Martusciello e Caputo, dovranno destreggiarsi in una Napoli violenta e surreale. Un libro bello grottesco al punto giusto e geniale, un plauso allo scrittore che amo.

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