Battisti di sicuro avrà fatto un bagno da queste parti. Ne sono certo. Per anni mi son chiesto ma dove andrá al mare Lucio, che si sarà fumato? Lo confesso ho pensato anche questo! Poi succede che vai su una spiaggia deserta in una Calabria incontaminata e napoletana e…vedi il mare nero!
Anch’io ho visto oggi il mare nero bello trasparente come te…prima ho avuto paura. Pensavo al petrolio, alle fogne, a sporcizia di fine agosto. Invece no, quel mare nero era la passata delle alici. La chiamano così è il viaggio che ogni anno, a fine agosto, fa questo pesce azzurro. Milioni di alici attraversano il Tirreno quasi a riva. Sì, a riva, perché sulla Riviera dei Cedri ci sono molti fiumi, l’acqua è fredda, gelata come in mare aperto, limpida, chiara, cristallina. Ho fatto il bagno con loro, passavo attraverso questo banco ma loro si spostavano con un sincronismo e un’agilitá unica. Che rompiscatole… avranno pensato… ma i bisonti mica stanno in mare? Sembravo un bambino, più piccolo dei miei giovanotti che si divertivano come e con me. O mare nero rimbombava nella mia mente. Vuota la spiaggia, freddo e nero il mare. Chissà da dove vengono, chissà dove andranno questi pesci, in villeggiatura? Si fermeranno a Cetara dove diventeranno coltura, a Castellammare nella mia città dove marinate delizieranno i palati dei cassintegrati, poi a Torre Annunziata dove saranno messe sotto sale dalle massaie dei cantieri, a Torre Del Greco dove in tortiera faranno la loro porca figura, a Pozzuoli dove indorate e fritte delizieranno i palati. Alici piatto povero e ricco, spinate, con l’uovo, ripene, fuori e dentro il cuoppo, con le spine e senza spine. Quando nonna le comprava era festa, eppure non costavano nulla…Quel sapore lo ricordo ancora. Era un rito, Giusummina, questo il nome di una piccola grande femmina che ha partorito la donna che mi ha messo al mondo, quando tornava a casa con quella bustina trasparente di plastica piena di questi esseri piccoli e strani, mi brillavano gli occhi. Ricordo lei, ricordo le alici, ricordo tante cose…di solito le comprava il sabato, quando tornava dalla Signora. Lavorava a servizio, aiutava una famiglia nelle pulizie domestiche, la famiglia Fiorinelli diventato poi un po’ anche la nostra famiglia. Quella bustina sembrava enorme, ricca, piena, ‘nzeppate! Il lavello della cucina era pieno di questi pescetti, l’acqua fredda scorreva, con delicatezza nonna le puliva, poi le poggiava in un colapasta di plastica bianco con i manici bruciati, poi le divideva. Quelle più piccole le faceva riposare nella farina bianca, sembravo io nel borotalco dopo il bagnetto, poi le immergeva in olio bollente. Questa era la cena per gli adulti, per noi bambini, quelle più grandi, prima le spinava poi il bagno era doppio prima nel uovo sbattuto poi nella farina. Ricordo ancora quei filoncini di pane ricchi di alici fritte con l’uovo…se chiudo gli occhi ancora lo sento. Se chiudo gli occhi vedo ancora nonna, le nostre sere d’estate, le sue mani nella farina, lei che friggeva soddisfatta, io che rubavo quei pescetti caldi e deliziosi ricchi di sale, lei che faceva finta d’incazzarsi con il sorriso sulle labbra, le si vedeva la dentiera: se nun te ne vai…e doppe che ce mangiamme? Il suo sguardo fiero, il suo volto sornione, la farina sulla faccia: voglio ricordarla così. Intanto il mare è ancora nero e io continuo a giocare, provo ad acchiapparle … ma niente. Son troppo veloci ma…correte, correte lontano, vivete questi attimi o pesciolini del mio cuor e della mia pancia grossa, la vita è un attimo, dal mare alla padella ci vuole poco e mo’ jate pe’ ‘sti mari.
Sta cazzo e canzone nun se leve a dinte a capa…o mare nero o mare nero o mare ne…nn
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