1992 bello e orribile. Ultimo anno di liceo. 365 giorni di amori e di lotte. Con alcuni compagni creammo il movimento anticamorra, un collettivo straordinario. Partimmo per Palermo dopo aver, se così possiamo dire, terminato la prova orale all’esame di maturità: un disastro. Quel 23 maggio, giorno in cui la mafia uccise a Capaci, Giovanni Falcone, sua moglie e tre uomini della scorta, segnò le nostre esistenze, quelle di una generazione. Le parole della moglie di Vito Schifani durante i funerali rimbombano ancora nella mia mente. Ricordo la traversata in nave da Napoli verso la Sicilia, non avevo mai preso un bastimento perunviaggio così lungo. Dormimmo a terra, sul ponte, abbracciati avevamo freddo e nemmeno una lira in tasca. Il simbolo del nostro percorso politico era la resistenza, quella elettrica, appuntata sulle t-shirt. Dovevamo essere a Palermo, in quella nuova primavera dove centinaia di giovani si erano messi in marcia per risvegliare una città, un mondo assopito e rassegnato. Aspettavamo le olimpiadi di Barcellona, sognavamo l’oro dei Fratelli Abbagnale, io tifavo e tifo ancora per Peppiniello, ma i fratelli Jonathan e Greg Searle in un rush straordinario per pochi centesimi di secondo ebbero la meglio. Furono momenti belli quelli palermitani, intensi, di speranza, di vita tra i vicoli della Vucciria. Poi tornammo dopo una grande manifestazione che ci riempì anima e corpo. Potevamo, dovevamo farcela ma arrivò come una doccia fredda il 19 luglio. Era domenica, avevo appena finito di mangiare, raccontavo ai miei l’esperienza siciliana, poi una chiamata, un caro amico di classe, Giovanni Fuccillo. Hai visto cosa é successo a Palermo? No. Accedi la tv. La accesi. Fumo, fuoco, lacrime, sconforto. La mafia aveva ucciso anche Paolo Borsellino. Una bomba infranse tutto. Ore di panico. Ci incontrammo al partito, organizzammo in lacrime un sit-in sulle scale del liceo classico. Son passati 25 anni da quel giorno, il ricordo é ancora vivo, indelebile. Penso ad una frase che ha accompagnato la mia vita, la frase di un poeta che ho imparato ad amare grazie ad un figlio di questa terra, Massimo Troisi. Il poeta é Pablo Neruda, l’aforisma é questo: potranno tagliare tutti i fiori ma non fermeranno mai la primavera. Buona primavera a tutta in questa calda estate di fuoco.
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