Mia madre ha 88 anni.
Da sempre ama il vino rosso e la cioccolata fondente. Se glieli offri, è ben contenta di gustarli…
Si dice che, ad una certa età, si ridiventa bambini: lei ha ricevuto il mio uovo di Pasqua, targato Cral-Circumvesuviana, della Ditta Crispo, con malcelato piacere. La foto del mio amico Salvatore lo dimostra. E’ ritratta con me, l’uovo e un piccolo barboncino bianco.
L’uovo lo mangerà con altre vecchiette come lei, ma, ovviamente e giustamente, la parte più grande spetterà alla sua bocca.
Mi rendo conto che basta poco per far felice una persona anziana: un po’ di attenzione quotidiana, niente di eroico, una telefonata, una visita, un fiore, un uovo di cioccolata fondente… E metterla in contatto, seppur per una breve telefonata, con parenti ed amici lontani. Le domande son sempre le stesse: “Come stai? Come va? E la famiglia? Quando ci vediamo?” non rendendosi assolutamente conto della distanza che c’è fra Treviglio e Torre Annunziata, fra Perugia e Torre Annunziata, fra Campobasso e Torre Annunziata, fra Marano e Torre Annunziata…
Il tempo per lei è scandito fra colazione, pranzo, cena, “il Segreto”, “Uomini e Donne”, “l’Isola dei Famosi”, Barbara d’Urso, Maria de Filippi…
A suo modo sta bene; non vuole più leggere i libri “Harmony”, che le portavo fino a due anni fa. Vuole solo vedere la tele, possibilmente con il barboncino bianco sulle gambe da accarezzare. Da donna attiva, sola, capace di cucinare e cucire ancora per sé e per altri, è divenuta… donna stanca, forse serena, chissà se felice. “Mamma, hai bisogno di qualcosa?” le domando quotidianamente, per telefono o di persona; “No, Emì, non mi serve niente…” è la sua risposta. Ed io mi invento telefonate da farle fare con il mio cellulare per farla sentire ancora “viva”: mi considero una sorta di Raffaella Carrà telefonica… La faccio parlare con Annamaria, Lella, Zio Tonino, Enzo, Guido, Michele e così via: miei cugini, zii, conoscenti. Lei è ben felice di scambiare due chiacchiere con loro ma poi, alla fine della telefonata, mi domanda sempre: “Né, Emì, ma perché chiamiamo sempre noi se son contenti di parlare con me? Non possono farlo loro?”, in un momento di malcelato orgoglio. Ed io le parlo dei ritmi della vita quotidiana, dei problemi di ognuno di loro, ecc. ecc… Chissà se la convinco.
Comunque sia, buona Pasqua, mammà! E buona Pasqua a tutte le mamme di coloro che leggono “www.toninoscala.it”…
EMILIO VITTOZZI
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