È successo anche a Castellammare.
È successo anche nella mia città.
È successo non nell’Alabama degli anni cinquanta, ma in una città di mare del terzo millennio, la mia.
È successo ad un bambino di dieci anni. Discriminato, umiliato da altri bambini solo perché di colore. Doveva accadere e non è la prima volta. Doveva accadere perché il mood del Paese è diventato questo alimentato da false paure, da chi ha alimentato l’odio. Da chi ha messo i penultimi, noi, contro gli ultimi. Da chi ha fatto della diversità non una ricchezza, ma lo strumento di lotta per aumentare angosce alimentando l’abomino generando mostri. Tutto questo per trovare consenso.
È successo così come la storia ci ha insegnato. Nei periodi di crisi il razzismo torna nelle sue vesti ideologiche e di consenso elettorale creando legame sociale, soprattutto tra i gruppi più indifesi, colpiti intensamente dalle politiche di austerità. Un legame che si nutre, soprattutto, di risentimento, di un “rancore socializzato” nei confronti dello straniero, visto quale usurpatore di diritti e di risorse esclusivi e, di conseguenza, come nemico.
È successo e quando accade sotto casa tua ti rendi conto che anche tu, il tuo mondo è parte di un mondo che ha perso la bussola.
È successo, purtroppo, e questo ci deve far aprire gli occhi. Altro che buonismo, è il buon senso che è mancato e che deve tornare, così come il rispetto per gli altri che è rispetto per noi stessi. Non è il colore della pelle che ci fa diversi, ma l’ignoranza mista a chi getta la benzina su un fuoco che arde in un Paese
La discriminazione non esiste finché non ti colpisce direttamente. Finché non ti rendi conto che anche casa tua è piena di virus. Quando la discriminazione ci colpisce direttamente sentiamo che si tratta di un abominio, una malattia della mente e del cuore che crea differenza e distanza.
È successo e non possiamo stare con le mani in mano. Dobbiamo fare tutti, nessuno escluso, la nostra parte.
Leave a Reply