di Tonino Scala
È un grido d’allarme quello lanciato dalle pagine di Repubblica da parte di un medico che lavora notte e giorno all’ospedale di Boscotrecase diventato, in fretta e furia, un ospedale solo covid. Dove, per intenderci, ci sono solo contagiati gravi di covid 19 questo maledetto virus che sta facendo uscire pazzo non solo questo Paese. In queste ore ho provato a dirlo che m’interessava poco seguire le intemperanze, le invettive, ma focalizzare l’attenzione sui problemi quelli da affrontare da parte di chi li può e li deve affrontare, con serietà e rispetto. Vi riporto non le mie, ma le sue parole, che mi hanno fatto accapponare la pelle di un medico che è in trincea. Le riporto senza aggiungere altro. Perché non va aggiunto altro:
Dieci letti quasi attaccati al punto che non riusciamo a passare, non avere i monitor centralizzati per controllare e osservarli che qualcuno muore e non è detto che ce ne accorgiamo. Questa struttura, (si riferisce al Covid di Boscotrecase) oggi, è totalmente inadeguata a combattere la durissima missione che tocca a un Covid Hospital. I protocolli prevedono che ciascun paziente abbia diritto a 1,3 infermieri. Ne abbiamo solo 3 per 10-11 pazienti gravissimi. Ne occorrerebbero 13 fissi…per consentire turnazioni e riposo, significa averne a disposizione almeno 20. Senza dire che, per come siamo bardati in Terapia Intensiva, calzari tuta maschere, non possiamo resistere per 8 ore di fila Qui mancano i kit per la tracheotomia, le pompe infusionali, la nutrizione enterale e parenterale, i reagenti per gli esami, i sistemi di monitoraggio della pressione arteriosa invasiva. E mancano i farmaci: sia gli antivirali sia gli antibiotici. Perfino i sedativi ci mancano.
In questo stato, come si fanno a salvare le persone? La domanda del giornalista…
È una domanda dolorosa. Noi ci proveremo sempre. Ma purtroppo, abbiamo già 5 persone decedute, da quando abbiamo aperto… La mortalità è alta.
Facciamo presto. Dobbiamo tutti, dico tutti, non farci distrarre. Bisogna focalizzare l’attenzione e stare vicino, ma con il fiato sul collo a chi ha il compito, in un momento difficile come questo, di governare la fase. Facciamolo tutti. Subito. Ora. Non è una guerra tra Guelfi e Ghibellini, siamo tutti nella stessa barca. Rischiamo, come ho già detto giorni fa, di diventare complici.
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