Carlo Faiello, la notte della Tammorra e tante altre cose

di EMILIO VITTOZZI

Carlo, tu sei l’inventore della “Notte della Tammorra”, avvenimento che mobilita decine e decine di migliaia di persone sull’affascinante lungomare di Napoli.

Cosa provi nel vedere la città semivuota causa “zona rossa” da Covid 19?

Quest’anno eravamo pronti a festeggiare il Ventennale (20a edizione) de “La Notte della Tammorra”…
Stavamo preparando un grande evento per ringraziare tutti gli Artisti e tutto il Popolo che da sempre ci segue.
Purtroppo, a causa del Covid, siamo rimasti bloccati a casa; adesso vedere la città in queste condizioni mi mette tristezza: senza il rumore, il caos, l’allegria, sembra una Napoli priva di anima…

Parafrasando il titolo del tuo primo lavoro (“Cambierà” – 1993), come e quando cambierà la nostra città?

Napoli è una terra multiforme, cambia continuamente rimanendo sempre se stessa… E’ una città che vive nel mito: inafferrabile, ma, allo stesso tempo, eterna!

Ma come è la Napoli di Carlo Faiello?

La mia Napoli è energia vitale, è musica che ti arriva da tutte le parti, è follia creativa…
Lo scadimento morale esiste nella mia città come in tutto il mondo ma, nonostante tutto, resta ancora, per tante ragioni, uno dei posti più esclusivi del mondo.

Sei nato ai Gradoni di Chiaia, una salita lunga e ripida di un quartiere popolare fra due quartieri borghesi: se ti dico la parola “salita” a cosa pensi?

Sì, è vero, sono nato lì, se scendevo andavo a Via Chiaia, se salivo mi trovavo al Corso Vittorio Emanuele…
Io preferivo spostarmi in orizzontale: o verso il Pallonetto, oppure dall’altra parte, direzione Montecalvario.
“Salita” mi fa ricordare alla tenacia, allo sforzo, alla fatica che ho fatto per riuscire a vivere di musica.

Hai partecipato a spettacoli come “La gatta Cenerentola”, “Carmina Vivianea”, “Le 99 disgrazie di Pulcinella”, “La Cantata di Masaniello”: quale ti è rimasto di più nel cuore e perchè?

Questi spettacoli mi hanno dato la possibilità di conoscere Roberto De Simone; in quel periodo suonavo il Contrabbasso ed ero attratto dalla musica straniera (soprattutto Jazz).
Lavorando in quel contesto ho iniziato a prendere coscienza dell’immenso valore della musica napoletana: ovviamente “La gatta Cenerentola” è stata una preziosa occasione per esplorare il tessuto mitico/rituale e magico/religioso della nostra cultura millenaria.

Festival di Sanremo 1992 “Pè dispietto”…

“Pe’ dispetto” mi riporta all’esperienza del famoso Festival italiano: giorni frenetici e creativi…
Fiero di aver scritto il testo, unico brano in lingua napoletana a vincere il Premio della Critica in tutta la storia di Sanremo!

Ha ancora senso cantare in Lingua Napoletana in un contesto di globalizzazione generale?

Certo, ha ancora molto senso, soprattutto oggi, nell’era globale e digitale!
A questo proposito cito una famosa poesia di Ignazio Buttitta: “Un popolo mettetelo in catene, spogliatelo, tappategli la bocca è ancora libero ecc … un popolo diventa povero e servo quando gli rubano lingua ecc …”.

Nel 1984 entrasti a far parte della leggendaria “Nuova Compagnia di Canto Popolare”, dove rimanesti per ben 14 anni…

Sono stati anni bellissimi e stimolanti, ho imparato tantissimo!
Giovanni Mauriello, Fausta Vetere, Corrado Sfogli, Artisti di grande personalità: con loro ho viaggiato tanto suonando nei più importanti Festival del mondo.

Per te hanno cantato Lina Sastri, Isa Danieli, Valentina Stella, Maria Nazionale, Antonella Morea, Patrizia Spinosi: chi vorresti ingaggiare per un tuo pezzo?

Hai citato interpreti di grande qualità, è difficile risponderti, anzi, impossibile…
Ognuno di loro ha una propria carica emotiva che mi contagia in una maniera diversa…
Le vorrei tutte insieme in un unico concerto: a quel punto mi sentirei un “Autore importante” …

(Foto di Ferdinando Kaiser)

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