Di Tonino Scal
– La devi assaggiare, è buona.
Mi diceva questo nonna ogni anno il giorno di Pasqua, quando sul tavolo, dopo pranzo, si mettevano i dolci.
– Ma non mi piace.
Era la mia risposta.
– Come fai a dire che non ti piace se non l’assaggi?
Non mi convinceva. Ero abituato a mangiare i dolci al cioccolato, con la panna, con la crema, la marmellata, poi influiva il nome: la pizza di grano. Com’è possibile pensare ad un dolce che ha come ingrediente principale il grano? Era, in testa a me, una cosa per grandi. E perché crescere? C’è tutto il tempo per farlo!
– Preferisco il casatiello dolce, la colomba…
Ripetevo.
– Ma è buona. Fidati. Ja fallo per me.
E una volta lo feci per lei. Per farla contenta. Tagliai un pezzetto piccolo, piccolo. Chiusi gli occhi e come se stessi andando davanti al plotone di esecuzione, la mangiai.
Fu lì che diventai grande.
In quel momento nacque l’amore. Una lunga storia d’amore che va avanti da più di 40 anni. Una storia fatta di materia, di odori, di sensazioni sensazioni, sensazioni forti. È l’unica cosa che non rifiuto mai quando sono a casa di qualcuno. Perché? È sempre diversa. Ognuno ha il suo modo, il suo dosaggio di ingredienti e…devo provarla, non resisto. Non perché sia un’ape che va da fiore in fiore, ma per capire. Son curioso.
Mammà ci mette tanto tanto cedro, più ricotta e meno zucchero. La sua frolla poi ha l’ingresiente segreto.
Zia Mena mette la crema.
La suocera di mio cognato la cannella in quantità industriale.
Mia suocera cambia sempre, non ha una ricetta fissa e sono sempre sensazioni diverse.
A Liveri, il Paese di papà e pure un poco il mio, ho trascorso i fine settimana della fanciullezza lì e…la frolla la fanno con la sugna paesana.
Ogni anno, non necessariamente a Pasqua, la preparo, più che per mangiarla, per sniffare gli odori, per vedere il colore che cambia ogni giorno, il sapore che si evolve e se resta, la congelo e nei giorni un po’ così la tiro fuori per farmi coccolare.
Quella che vedete nella foto, sul piatto buono, quello che si mette solo nei giorni di festa, l’ha fatta mammà con il mio aiuto. Ieri mi ha chiamato. Era preoccupata:
– Toní belle e mammà…
Non ridete, come ho già precisato per mammà so bello.
– Hai assaggiato la pizza di grano? È cotta sotto? Il mio maledetto forno… Devo comprarne un altro.
Mi sono svegliato con lo stesso pensiero e l’ho chiamata all’alba. Ho impostato la voce e… :
– Mammà sta senza pensieri: è cotta, è buona e se continuo così non avrà grande vita.
Ha riso. E pure io. Quando ride son contento.
Fino a questo momento siamo a quattro: quella di riso, la mia, quella di mia suocera e quella di mammà. Manca quella di zia Mena, con la crema, che fa solo per me. Diamo tempo al tempo 😉
Per nonna era la pizza di grano e anche se mi atteggio definendola pastiera per me resterà sempre la pizza di grano.
Buona Pasquetta.
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