Il grande volo domenicale

 

di Tonino Scala

C’era una volta, in un ordinato appartamento di città, un balcone che aveva visto tempi migliori.

Era luglio, il sole picchiava forte, e una strana pioggia di rumori cominciava a scendere dal cielo.

Cinguettii acuti, incessanti, giorno e notte, come se qualcuno avesse deciso di organizzare un rave aviario proprio sopra il motore del condizionatore. E insieme ai rumori, ecco arrivare loro: gli escrementi. Inaspettati, dappertutto. Sul pavimento, sui muri, persino sul cane, Sophie, che si era avventurata in balcone per una boccata d’aria.

Una sera, al tramonto, mentre guardavamo con sguardi sconsolati quel disastro di guano, ci rendemmo conto che il mistero andava oltre i rumori e le macchie. Tra gli escrementi, le piume e strani fili di paglia, nascosto tra il motore del condizionatore e il muro, c’era lui: un nido.

Un nido di piccioni. E no, non era un simpatico nido di rondini, di quelli che si vedono nei documentari e fanno commuovere.

Era un nido di quei piccioni che i vecchietti sfamano nelle piazze, quelli che di solito eviti di guardare negli occhi mentre ti rubano il panino.

I giorni passavano, le notti sembravano infinite. Il cinguettio non si fermava mai. Ogni notte, ci svegliavamo di soprassalto, come se avessimo adottato un figlio inconsapevole, solo che questo non aveva pannolini da cambiare, ma balconi da imbrattare. E quando pensavamo che la nostra vita si sarebbe trasformata per sempre in una coabitazione con feci di piccione, qualcosa di magico accadde.

Era una domenica mattina, una di quelle domeniche in cui ti svegli sperando in un po’ di pace e tranquillità. Ma no, Sophie, la nostra fedele cagnolina, cominciò ad abbaiare furiosamente, come se avesse appena visto l’apocalisse. Corremmo tutti alla finestra, temendo chissà cosa, e lì vedemmo il grande momento.

Uno dei piccioni, dopo due mesi di goffo scacazzamento, aveva deciso di volare.

Prima un salto esitante dal nido al parapetto, poi una pausa sui fili per stendere i panni (che non avremmo più steso con fiducia), infine… via! Sull’eucalipto gigante di fronte.

Il volo era un evento epico, una festa per gli occhi.

Sophie piangeva, grattando il vetro, sperando di uscire per partecipare anche lei. Il secondo piccione, ancora nel nido, guardava il fratello (o la sorella, chi può dirlo?) con un misto di ammirazione e terrore.

E noi? Noi restavamo lì, ipnotizzati, come se guardassimo un film di avventura… ma con più feci di quanto avessimo mai immaginato.

E così, mentre il primo piccione spiccava il volo verso nuove avventure, ci auguravamo che anche il secondo trovasse il coraggio di volare, lasciandoci finalmente in pace. Ma almeno, quella domenica, c’era stata una piccola vittoria: meno feci da pulire. Forse.

E vissero tutti felici e… puliti. O quasi.

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