Acerra val bene una messa ovvero vale la pena sacrificarsi per ottenere uno scopo alto. Lo scopo era quello di bloccare la costruzione di un’opera inutile e costosa. Era il 29 Agosto 2004 rivendico con orgoglio la mia presenza ad Acerra. Un lungo serpentone lungo più di un chilometro. Eravamo in ventimila anche se come spesso accade per la polizia quattro gatti. Gente, tanta gente, incazzata, illusa. Una manifestazione che era il termine di un grande percorso degli ambientalisti campani. Assemblee, incontri, lì conobbi Paul Connett, ricordo ancora il titolo del manifesto che preparammo con tanta cura e che annunciava quell’incontro: non bruciamoci il futuro. Poi il presente il passato e il futuro sono riusciti a bruciarcelo, dire oggi avevamo ragione serve a ben poco. Non andammo in vacanza, ricordo l’occupazione del cantiere, il sangue che scorreva dalla testa del sindaco di allora Espedito Marletta preso a manganellate con la fascia tricolore. Una manifestazione senza precedenti in un’estate calda, caldissima. Comitati, gente comune, partiti, tutti insieme per dire no all’ennesimo attacco alla democrazia. Son passati dieci anni. Sì, dieci lunghi anni da quella grande manifestazione, un grande movimento che fu fermato a suon di cariche e lacrimogeni. Era il 29 agosto del 2004 eravamo in tanti ad Acerra, eravamo etichettati come quelli del no, la sinistra radicale. Dai giornali sembrava che il problema della crisi dei rifiuti fossero i comitati che si opponevano alla sospensione della democrazia, allo scempio perpetrato ai danni di un territorio già carico di veleni. Avevano costruito ad arte la più grande balla del secolo, l’inceneritore che tutti chiamavano termovalorizzatore doveva essere la panacea di tutti i mali, l’anello che mancava per risolvere l’annosa questione dei rifiuti in Campania. Son trascorsi dieci lunghi anni hanno aperto discariche abusive, hanno inquinato terreni, ammazzato giovani, bambini con i veleni di stato, hanno costruito messo in funzione la grande bomba acerrana e i rifiuti restano ancora un’emergenza. Dicevamo no alla costruzione di quella mega struttura ad Acerra non solo perché oramai la termodistruzione, oltre che essere dannosa alla salute, era una tecnologia obsoleta ma anche perché quello era l’epicentro del triangolo della morte: Acerra, Nola e Marigliano. La definizione triangolo della morte è stata data nell’agosto 2004 dalla prestigiosa rivista scientifica internazionale The Lancet Oncology (edita da Elsevier) che ha pubblicato uno studio di Kathryn Senior e Alfredo Mazza, quest’ultimo ricercatore del CNR di Pisa, dal titolo: Italian “Triangle of death” linked to waste crisis (Il “Triangolo della morte” italiano collegato alla crisi dei rifiuti). Nel triangolo abitano circa 550.000 persone e l’indice di mortalità (numero di morti l’anno per ogni 100 000 abitanti) per tumore al fegato sfiora il 38.4 per gli uomini e il 20.8 per le donne, dove la media nazionale è del 14. La mortalità è più alta che nel resto d’Italia anche per quanto riguarda il cancro alla vescica e al sistema nervoso, per quanto in maniera più modesta. Questo a fronte di una mortalità generale per tumori in Campania in generale inferiore della media italiana. Per anni, una campagna mediatica costruita ad arte ha fatto diventare quelli che si opponevano, dentro e fuori dalle istituzioni, alla costruzione di discariche e inceneritori,“i signori del No”. Poi il vento è cambiato, i morti sono arrivati e pure la rabbia. Son bastate le dichiarazione di un pentito su cose risapute, a far diventare vangelo le battaglie di tanti, ridando cittadinanza all’isolamento mediatico, che aveva messo nel ripostiglio i rifiuti tossici facendo scoprire a tutti la Terra dei fuochi. Quanta responsabilità da parte della politica! Ma anche quanta responsabilità da parte dei media! L’isolamento politico dei “signori del No”, di chi aveva denunciato ed era stato emarginato nelle assemblee elettive, nelle piazze, nei luoghi di lotta, ha un nome ed un cognome: i poteri forti e la stampa italiana. Il coraggio di tanti piccoli precari, giornalisti giornalisti, campani non aveva trovato il giusto eco. Oggi, quella stessa stampa, si indigna rispetto ai recenti dissotterramenti. Un morto fa notizia, la prevenzione no, le denunce isolate, nemmeno. Vecchia storia: le buone notizie non fanno notizia e per questo motivo, alcune denunce non trovavano spazio sulle pagine di nessun quotidiano napoletano. Non parliamo di titoloni, ma almeno riportare le lotte, dare cittadinanza alle giuste proteste, fare informazione. Quando arriva il morto, tutto cambia. I cittadini che difendevano con i denti il proprio territorio venivano dagli stessi media che oggi gridano allo scandalo, definiti camorristi e presi a manganellate dalle forze dell’ordine. Questa è la pura ed unica verità in un mondo, dove la verità è una malattia tanto per mutuare Gianni Rodari.
Avevamo ragione ma a che serve dirlo!
Tonino scala
* CI HANNO “BRUCIATO” IL FUTURO…
Il nostro, quello dei nostri figli, quello dei nostri nipoti.
Bastardi, uomini di merda che per un tornaconto personale calpesterebbero le salme dei propri cari!
In tele si vedono bambini destinati a morire per tumori nati da discariche abusive, terreni tossici, autorizzati dal padrone di turno.
E se un bambino malato fosse un loro figlio o un loro nipote?
E’ come quando si parla di “femminicidio”: se non ti colpisce personalmente non sai cosa vuol dire la violenza sulle donne…
EMILIO VITTOZZI