Boccuzzi, io deputato-operaio nel Palazzo

tratto dal quotidiano la Repubblica di oggi
un invito alla lettura di un interessante articolo

Boccuzzi, io deputato-operaio nel Palazzo

“Subito la Procura nazionale sugli infortuni”

L’unico sopravvissuto al rogo del dicembre 2007 alla Thyssen di Torino, traccia un bilancio della sua attività di deputato e parla di quanto ci sarebbe ancora da fare, in particolare per la sicurezza sul lavoro. “Tanti i colleghi seri che lavorano con impegno, ma l’antipolitica è alimentata dalla stessa politica”

di CONCETTO VECCHIO

Antonio Boccuzzi a Montecitorio lo riconosci subito: è l’unico deputato con il codino. “Quando vi misi piede per la prima volta sprofondai nei divani del Transatlantico e pensai che questo posto aveva visto passare i grandi della patria, i Berlinguer, i Moro, assaporai incredulo quel momento, ma poi il primo provvedimento che ci toccò votare in aula fu il salva-Rete 4 e così fui subito riportato alla dura realtà”.

A fine legislatura, la peggiore di tutta la storia repubblicana, che bilancio traccia l’operaio Boccuzzi della sua permanenza nel Palazzo? “Ho cercato, per quanto possibile, di dare il mio contributo sulla sicurezza sul lavoro, perché io la tuta non me la sono mai tolta, e anche se ora sono in Parlamento l’odore della fabbrica non mi ha abbandonato, come quando, alla Thyssen, mi svestivo a fine turno e il puzzo acre ti rimaneva nelle narici”. Ha 39 anni ed è entrato in fabbrica a 18. Il 6 dicembre 2007 fu l’unico degli otto lavoratori della linea cinque a sopravvivere all’inferno di fiamme che divampò nell’ultimo impianto sideurgico di Torino 1. Se la cavò con ustioni di secondo grado al viso e alla mano destra. La sua fu la prima candidatura che Walter Veltroni ufficializzò per il Pd, il 16 febbraio 2008.

La settimana prossima Boccuzzi depositerà alla Camera un progetto di legge per l’istituzione di una Procura nazionale per la sicurezza sul lavoro, un vecchio pallino del procuratore Guariniello. Una precedente mozione ottenne le firme di tutte le forze politiche. “Con un po’ di volontà potremmo farcela ad approvarla prima che si vada a votare”, dice ottimista. La necessità di una regia investigativa unica s’impone per questa sensibile differenza: al Nord i processi si celebrano, al Sud no. “Serve un pool, un metodo moderno che metta insieme competenze e professionalità, anche un solo infortunio, un solo decesso sul lavoro, è una sconfitta per la società”.

Nel 2011 i morti sul lavoro sono stati 920, in calo del 5,4 per cento rispetto ai 973 dell’anno precedente, ma la crisi ha influito sulla riduzione degli infortuni, considerato l’elevato numero di lavoratori posti in cassa integrazione o licenziati.

Un’altra battaglia che voleva fare, quella per l’istituzione della Giornata sulla sicurezza del lavoro il 6 dicembre, invece l’ha persa: “Ci sono state delle incomprensioni con l’Anmil, l’associazione dei mutilati, che celebra già una sua giornata la seconda domenica di ottobre. Loro pensavano che la mia iniziativa fosse sostitutiva, mentre io ritenevo che i due momenti potessero convivere, perché più parliamo di questi argomenti e meglio è”.

Non sa se sarà ricandidato, non ha più un lavoro, perché la Thyssen lo ha licenziato a giugno, “ma non voglio apparire quello che piange, se hai voglia di lavorare un posto lo trovi, certo dopo tutto quello che ho passato la fabbrica mi fa un po’ paura”. Guadagnava 1500 euro al mese, ora in tasca, tolti il contributo al partito (1500 euro), le spese per l’assistente, l’albergo dove vive vicino al Pantheon, gliene restano netti 4500. “Sarei un ipocrita se non dicessi che sono tanti soldi, ho estinto dei debiti, per il resto non è mutato nulla: non ho comprato casa, ho la stessa macchina, mi vesto come prima”. Nella classifica sulla produttività di Openpolis figura 303 esimo su 630 deputati, e ha un indice di presenze pari all’81,59%. Il boccone più amaro da buttare giù è stato il sì alla riforma delle pensioni e all’articolo 18: “Lì mi ha convinto Bersani”.

Quando lo candidarono in molti gli dissero che sarebbe stato solo un numero, uno che pigia il bottone in aula. “Non è stato così. Se uno ha qualcosa da dire gli spazi ci sono, si possono realizzare delle cose, però è innegabile che ci sono parlamentari che sono lì a loro insaputa. Sempre più spesso i banchi del Pdl sono vuoti, è la fotografia di un partito che sta morendo, ma quando c’era da difendere Berlusconi stavano lì ligi e compatti. È stato avvilente: il Paese crollava e noi eravamo costretti a votare che Ruby era la nipote di Mubarak. Ora è vero che si potrebbe lavorare di più, i lavori in Parlamento sono limitati dal martedì a giovedì, è poco, ma il lavoro del deputato poi dovrebbe proseguire sul territorio. Io ho girato l’Italia, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, per portare il mio mattoncino al miglioramento delle condizioni di sicurezza nelle fabbriche, con i famigliari dei miei compagni ci sentiamo spesso, anche più volte la settimana”.

La classe dirigente fa feste con maschere di maiali, esplode uno scandalo alla settimana, la corruzione permea le istituzioni, la fiducia nei partiti è crollata al 4 per cento. “E’ pesante dover far parte di una categoria tanto odiata, anche se la gente spesso si rivolge a me dicendomi “sei tra i pochi che si salvano là dentro”. Non è vero. Conosco un sacco di colleghi seri che lavorano con impegno, in silenzio, però l’antipolitica è alimentata dalla stessa politica: quel che è successo alla Regione Lazio offre praterie agli indignati: come dar loro torto?”. (05 ottobre 2012)

Share this nice post:

3 Commenti

  1. Articolo interessante per buona parte. L a parte su politica e antipolitica luoghi comuni.
    Riflettete: le ruberie gridano vendetta, è vero. Come è vero che non tutti i politici sono uguali. Ma in questo momento i beneficiari di questa campagna di moralizzazione, cui partecipa attivamente Repubblica, sono gli oligarchi al governo, che con la scusa di sprechi di denaro pubblico, si ergono a sobri moralizzatori costretti a tagliare e razionarci i viveri per il nostro bene, minacciato dai politici ladroni.
    Fiorito ci può fare schifo, ma il vero problema è la strumentalizzazione dei Fiorito da parte dei nostri veri affamatori, Monti, Fornero & co. ..
    .Continua…

  2. PROPONGO PARTI DI UN ARTICOLO E DI UNA RIFLESSIONE DI BURGIO SULLA CORRUZIONE E SULLA STRUMENTALIZZAZIONE DEL REPULISTI MERITOCRATICO

    della corruzione politica si parla con insistenza sui giornali. La si serve quotidianamente al banchetto delle passioni pubbliche. Dei risentimenti e della rabbia di una società sempre più spaventata. Conquista l’immaginario collettivo proprio mentre si comincia a trasformare il sistema politico in senso oligarchico-tecnocratico. Se si considera questa concomitanza, si comprende la funzione della corruzione e del discorso pubblico sulla corruzione come vettori di un cruciale processo di trasformazione.
    Molti
     si appellano all’élite per un repulisti meritocratico. E, finalmente, invocano il passaggio organico alla sovranità dell’esecutivo nel nome della «tecnica». Rizzo, Stella, Grillo, Scalfari e Monti – tra loro assai più prossimi di quanto non confessino o sospettino – dovrebbero concedere ai vari Lusi e Fiorito la tessera onoraria del Partito dei rottamatori della Repubblica costituzionale. Il loro contributo alla transizione nel nome del merito, dell’austerità e della governabilità (a ciascuno il suo feticcio) è d’inestimabile valore.
    Ci avviciniamo a elezioni pericolosissime. Può succedere letteralmente di tutto. E in questo scenario il combinato antipolitica-tecnocrazia gioca da protagonista: l’una denuncia le vergogne dell’ignobile casta politica, l’altra trae dalla pubblica indignazione legittimità per la macelleria sociale e per la protezione delle nobili caste sociali, di cui nessuno parla. Noi, in mezzo, dovremmo capire che da questo gioco abbiamo tutto da perdere. Perdiamo dalla mortificazione del parlamento, che non offre resistenza alla distruzione di quanto resta dei diritti sociali e del lavoro. E perdiamo dalla strumentale crociata anticorruzione, che porta acqua al mulino delle forze che una classe politica asservita favorisce. 
    C’è forse un terzo che possa sottrarci a un gioco in pura perdita? Diciamo che ci sarebbe, se esistesse davvero una sinistra – unico virtuale presidio della Costituzione – e non un accrocchio di forze litigiose e impotenti, per ciò stesso oggettivamente colluse con la regressione in atto. Come dire che nemmeno la sinistra, nemmeno noi che non riusciamo a imporre un’inversione di tendenza, possiamo dirci estranei al gioco al massacro sulla pelle della democrazia italiana.

Leave a Reply

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*