Di Tonino Scala
Ce steve ‘nu francese, un’argentina e ‘nu napolitano, un puteolano per essere più preciso. No, non è l’inizio di una barzelletta, è solo l’incipit per raccontare un sogno: Ho visto Maradona. Lo spettacolo di Daniel Pennàc, ieri, mi ha riempito il cuore e gli occhi di lacrime. Quando c’è Maradona piango sempre, è dal 1984 che ho così. Perché? Non lo so, ma è troppo bello. Il francese lo avrete capito è Daniel Pennàc, l’Argentina è la regista Claura Bauer, il puteolano è il bravissimo Pako Ioffredo. La notte della finale di Wembley io e mia moglie siamo andati a Capodimonte, ero combattuto, ma sono andato dove mi ha portato il cuore, da Diego il vero protagonista della serata al Campania Teatro Festival. Lui non era rappresentato, ma c’era la sua essenza quella che ha accompagnato la vita di tante persone diverse in tutto il mondo. Daniel Pennàc ha esplorato vite per raccontare un mondo del quale faccio parte anche io. Bello lo spettacolo, belle le musiche, accattivante, profondo e leggero nello stesso tempo. Ho pianto, ho pianto tanto perché Maradona tocca le corde del mio animo da sempre. Ricordo ancora la faccia di mia moglia quando appena sposati mi vide incollato davanti alla tv, piangere appunto, a guardare una carrambata della Carrà con protagonista il Pibe de Oro. Piansi, tanto e l’ho fatto anche ieri seri a partire dal monologo del bravo Pako Ioffredo. Ha raccontato la storia del nonno, un operaio, un comunista che credeva in due cose l’arrivo del comunismo e Maradona. Maradona e il comunismo rappresentavano per l’operaio puteolano il riscatto dalle e per le ingiustizie di una vita. Un brutto tumore, uno scarrafone, se lo portò via, ma son convinto che nel paradiso degli operai comunisti maradoniani stia ancora sognando e lottando. Grazie per le emozioni che mi avete regalato.
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