Quel che preoccupa di questa crisi non è tanto la mancanza di soldi del comune per ricapitalizzarle, ma l’assenza di qualsiasi visione o progetto per il futuro.
Con la messa in liquidazione delle Terme di Stabia si apre un nuovo, doloroso capitolo dell’infinito dramma occupazione a Castellammare. Quel che preoccupa di questa crisi non è tanto la mancanza di soldi del comune per ricapitalizzarle, ma l’assenza di qualsiasi visione o progetto per il futuro. Riteniamo opportuno che si apra un dibattito su progetti futuri e su questi vogliamo dare il nostro contributo. A dispetto delle vicissitudini societarie, riteniamo che le Terme non siano un peso morto, ma possano ancora costituire la base per il rilancio economico della città. La disponibilità dell’Hotel delle Terme ha aperto la grande possibilità di implementare la vocazione sanitaria in un campo in cui nella nostra provincia c’è un immenso bisogno: quello della Medicina riabilitativa.
Pensiamo ad un tavolo tecnico che veda coinvolti Regione, ASL Na 3 Sud e Comune, teso ad istituire nella struttura ex alberghiera un polo di eccellenza per la riabilitazione, utilizzando le professionalità che già esistono. Il nostro sistema sanitario risponde in maniera abbastanza adeguata alle acuzie quali infarti, ictus eccetera, lasciando poi soli i pazienti e le famiglie nella fase successiva post acuta della riabilitazione. Pensiamo ad una struttura, magari cofinanziata con fondi europei, ove possa farsi riabilitazione, allocare posti di hospice per malati terminali di cancro e – laddove i volumi interni lo permettessero – posti residuali di RSA per non autosufficienti.
Ovviamente la vocazione sanitaria non dovrebbe esaurire le attività termali e quelle connesse allo sfruttamento delle acque, vero e proprio ‘oro blu’ mai adeguatamente valorizzato nella nostra città.
Riteniamo che, nell’ottica di una ridefinizione complessiva del ruolo delle acque nel rilancio della nostra città, vada finalmente restituita dignità alle Antiche Terme, sacrificate troppi anni fa assieme alla zona dell’Acqua della Madonna. Qui dovrebbero essere concentrate le attività termali vere e proprie: le cure idropiniche dovrebbero svolgersi in questo complesso, lasciando a quello del Solaro solo l’attività sanitaria.
Discorso diverso meritano gli immobili che fanno parte del compendio delle Nuove Terme, con le relative pertinenze. Senza se e senza ma il parco delle Nuove Terme dovrebbe restare alla cittadinanza, aperto con orari più lunghi e dotato di fontanelle per la degustazione delle acque stabiesi. Per il resto del compendio immobiliare (per intenderci: salone per convegni e spazi attualmente adibiti alla mescita) immaginiamo un futuro diverso: uno “spacchettamento” di questi spazi e una co-gestione di essi per la costituzione di un polo di imbottigliamento e vendita delle acque e sfruttamento dei principi attivi contenuti nelle acque minerali.
Questo settore si regge su due pilastri fondamentali: marketing e logistica. Si può avere tutta la migliore capacità di comunicazione: tuttavia se non si hanno spazi per caricare TIR di acque da mandare in giro per l’Italia e facilità di accesso alle grandi vie di comunicazione, le acque minerali hanno corto respiro. Le Terme del Solaro hanno ampi spazi esterni e vicinanza al raccordo autostradale: due caratteristiche che ottimizzerebbero la logistica. Abbiamo letto di recente che non è mancato l’interesse di imprenditori cinesi per l’acqua Acetosella: questo dato dà la misura delle potenzialità inespresse delle nostre acque. Speriamo che questo nostro contributo sia un primo passo ed uno stimolo all’apertura di un più ampio dibattito sui temi del rilancio delle acque a Castellammare e della salvaguardia di quel patrimonio comune rappresentato dalle Terme.
Tonino Scala
Vincenzo Grimaldi
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