Domenico Sputo: L’Incredibile Saga dell’Alter Ego di Lucio Dalla

di Tonino Scala 

A Bologna, città dei portici e delle torri, esiste una leggenda metropolitana che narra le gesta di un uomo enigmatico, un virtuoso della musica e dello sputo, conosciuto come Domenico Sputo. Per chi non fosse del tutto immerso nelle meraviglie della cultura bolognese, svelerò un segreto: Domenico Sputo non è altro che l’alter ego del celebre Lucio Dalla.

Lucio Dalla, il genio musicale che ha incantato generazioni con la sua voce unica e le sue composizioni poetiche, aveva un lato nascosto, giocoso e un po’ malandrino. Questo lato si manifestava pienamente ogni volta che assumeva l’identità di Domenico Sputo, nome che appariva sul suo citofono a Bologna e che usava come pseudonimo per le sue collaborazioni musicali con artisti del calibro degli Stadio, Ron e Luca Carboni.

Ma perché proprio “Domenico Sputo”? Ebbene, questo nome trae origine da un passatempo giovanile di Lucio, che con i suoi amici gareggiava in una competizione del tutto singolare: chi sputava più lontano. Lucio, con la sua proverbiale abilità in tutto ciò che faceva, spesso trionfava in queste gare. Da lì, il soprannome che avrebbe poi adottato per le sue scorribande artistiche.

Immaginate la scena: un giovane Lucio, con lo sguardo furbo e il sorriso birichino, che sfida i suoi compagni nel cortile della scuola. “Vediamo chi arriva più lontano, ragazzi!” E con un colpo di precisione, la saliva volava a distanze inimmaginabili. Così, tra una risata e l’altra, nacque Domenico Sputo.

Questo alter ego non era solo un gioco di parole, ma un vero e proprio avatar artistico che Lucio utilizzava quando voleva esplorare nuovi territori musicali senza il peso del suo nome famoso. In veste di Domenico Sputo, Dalla si trasformava in un tastierista e clarinettista camaleontico, collaborando con amici e colleghi in modo spontaneo e senza pretese.

Durante una delle sessioni di registrazione con gli Stadio, la band si trovava in difficoltà con un arrangiamento. Ecco allora comparire Domenico Sputo, con i suoi occhiali tondi e il cappello a tesa larga, che suggerisce un riff di clarinetto che avrebbe reso la canzone un successo. “Questo pezzo ha bisogno di un po’ di Domenico Sputo”, diceva, e così l’atmosfera si alleggeriva immediatamente, portando un’ondata di creatività e freschezza.

Con Ron, invece, la magia avveniva spesso al pianoforte. In una notte stellata, mentre i due si trovavano in studio, Ron cercava l’ispirazione per una nuova melodia. Lucio, o meglio Domenico, sedette al piano e iniziò a suonare una sequenza di accordi che sembrava venire direttamente dal cuore della città felsinea. “Questo lo chiamiamo un tocco di Sputo”, scherzava, e la melodia prendeva vita.

E che dire delle collaborazioni con Luca Carboni? Domenico Sputo era il maestro delle incursioni a sorpresa. Si dice che una volta, durante una pausa pranzo, apparve in studio con una ciambella alla crema e un clarinetto. Dopo un morso e una risata, iniziò a suonare una melodia improvvisata che divenne l’introduzione di una delle tracce più iconiche di Carboni. “Domenico Sputo ha colpito ancora”, gridavano in coro i tecnici dello studio.

Domenico Sputo, con la sua leggerezza e la sua ironia, ha permesso a Lucio Dalla di vivere una doppia vita artistica, libera dalle aspettative e dalle pressioni del successo. Questo alter ego ha arricchito il panorama musicale italiano con un pizzico di follia e un’infinità di aneddoti divertenti, mostrando quanto possa essere magico e liberatorio il potere del gioco e della creatività.

E così, ogni volta che passeggiamo per le vie di Bologna o ascoltiamo una delle canzoni nate da quelle collaborazioni, possiamo sorridere pensando a Domenico Sputo, il maestro dello sputo più lontano e delle note più dolci.

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