di Tonino Scala
Il mio balcone è vuoto. No, non perché è ancora presto, lo era anche ieri. A differenza del primo lockdown, ieri nella prima giornata di zona rossa campana, tutti i balconi erano vuoti.
Ricordate a marzo? Casse, balli, affollamenti, ieri no. Non c’è stato il surreale e angosciante deserto di marzo, mi è sembrato di non percepire quella sensazione di ansia e terrore che ci teneva segregati in casa. Stiamo imparando a convivere con la paura, perché abbiamo cominciato ad adattarci a questa nuova vita che durerà per un bel po’. Ci eravamo illusi quest’estate e…
Non so come dire, sto sentendo nell’aria una condizione di normalità, pur trovandoci in una situazione che normale non lo è affatto. Come se la vita fosse sospesa in una bolla di apparente prassi dove si affronta tutto con una diversa consapevolezza, che nel primo lockdown non avevamo.
Sappiamo cosa ci aspetta: questo è il problema!
Il caffè l’ho preso, senza anice oggi. Tra poco mi vestirò. Per uscire? No, devo presentare un libro da casa. “Fiabe della tradizione campana” a Libriamoci a scuola2020 con i ragazzi del liceo “Alfano I” di Salerno. Testo scritto a marzo scorso durante i giorni di clausura forzata insieme a Daniela Pastore. Mi sa che dovremo fare il seguito.
Parto con la lettura dei giornali che mi ricordano che è stata superata la soglia delle 45 mila vittime.
Passo alle buone notizie che è meglio.
«Dottore, ho 90 anni mi lasci pure morire» invece lo curano e guarisce. Accade a Como il primario ci dice che nei suoi occhi ha visto suo padre: c’è ancora vita sul pianeta terra!
«Lasciami andare dottore, ho 90 anni e ho fatto tutto quello che volevo nella mia vita». Era il 2 novembre scorso e il dottore, il primario di riabilitazione respiratoria del Cof (Centro ortopedico fisiatrico) di Lanzo d’Intelvi, ricacciando indietro le lacrime ha finito di posizionare il «cpap» e ha soffiato tutto l’ossigeno che poteva a quell’anziano affamato d’aria, ma ancora «sorridente e dignitoso». Due settimane dopo, lo stesso medico, Giuseppe Vallo, 45 anni, un bimbo di 6 anni e un papà «nato proprio 8 giorni prima di quel 90enne», ha tolto il casco a quello stesso paziente, lo ha accompagnato fuori dalla terapia intensiva e lo ha visto tornare a camminare, «bello come prima».
Guardare dietro i numeri mi fa stare bene, come vi ho già detto ieri non ho voglia di diventare un matematico esperto di statistica. No, non ci tengo proprio! Ci tengo a restare umano.
No, non l’ho vista la diatriba a distanza tra i due che da un bel po’, da troppo tempo a dire il vero, si sono dimenticati che le istituzioni si onorano, si rispettano. Non ne voglio proprio parlare, mi rifiuto. Oltre mille i sono morti in Campania da inizio pandemia. C’è un affollamento nei pronto soccorso e tra i decessi c’è una poliziotta di Napoli e un ristoratore: è rimasto in fila in ambulanza per più di 10 ore. Però c’è un complotto, una congiura mediatica, uno sciacallaggio nei confronti di Napoli… Mi vergogno, come si fanno a dire certe cose?
Intanto mentre si chiacchiera a vacante, come si dice a Napoli, Repubblica ci ricorda Francesco Ruotolo, il compagno Francesco che ieri non ce l’ha fatta: maledetto covid! Francesco era un bravo compagno, un combattente, lo conoscevo da un bel po’. Alle ultime regionali aveva deciso, come tanti altri, di dare il suo contributo per non morire deluchiani. Sembrava un ragazzino ed è così che voglio ricordarlo con gli occhi pieni di vita e di lotta. Repubblica ci ricorda che era stato ricoverato in ritardo. Dopo essere stato al pronto soccorso era stato rimandato a casa. Quando è stato ricoverato erano passati troppi giorni e il Covid lo aveva già pesantemente colpito. Francesco ha dedicato la vita alla lotta per i poveri e con i poveri. Infinita tristezza. E rabbia.
Si è fatto tardi, vado a prepararmi anche se la presentazione è in diretta dalla mia camera da letto, non posso presentarmi con il pigiama, non sarebbe rispettoso. Un dubbio mi assale: che cucino oggi? Ho un cavolo bianco e uno nero che faccio? Vabbuò mo’ ci penso, nel frattempo vado.
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