di Tonino Scala
A casa c’era un disco. Era tutto rigato, mio padre lo ascoltava sempre. La copertina era nera con al centro un’immagine. Da un lato un muro con delle scritte w Marx, abbasso la borghesia, w i contadini. Dall’altra una maschera di pulcinella e dei fiocchi colorati. In basso una scritta: il nostro lavoro vive per merito e per bocca di migliaia di lavoratori che sono la vera cultura del nostro Paese. Questo disco, Tammurriata dell’Alfasud, era del Gruppo operaio ‘e Zezi di Pomigliano d’Arco, la cui voce portante era quella di Marcello Colasurdo. Oggi mentre osservavo mio padre sul letto d’ospedale, finalmente sta meglio, leggere il giornale ho visto i suoi occhi diventare improvvisamente lucidi. Pensavo ad una commozione dopo giorni complessi, invece stava semplicemente leggendo della morte di Marcello. È muorte Colasurdo, mi ha detto. Quelle lacrime non lacrime mi han fatto riflettere. Papà non è un uomo di cultura, appassionato di musica, è stato un lavoratore, un ciuccio di fatica, ma sentiva Marcello, quel gruppo, vicino a lui. Non una vicinanza canora, ma politica, di lotta. Conobbi ‘e Zezi e di riflesso Marcello ad una manifestazione, ero con mio padre. Cantavano, ballavano. Vedevo nei suoi occhi gioia, fierezza nell’acoltare quelle parole. Più volte ho incontrato ‘e Zezi sul mio percorso di vita prima alle manifestazioni, poi alle feste dell’Unità, poi a quelle popolari. Ricordo la traversata Napoli-Palermo in traghetto per andare alla manifestazione dopo la morte di Giovanni Falcone. Una notte di canti, balli con Marcello che catturò non solo la mia attenzione, ma il mio animo. ‘E Zezi hanno suonato a due miei comizi, con Marcello più volte ci siamo incrociati. Ho avuto il privilegio di essere accompagnato inaspettatamente dalla sua tammorra mentre ad una iniziativa leggevo una mia ballata. Marcello ha lasciato in ognuno di noi un ricordo, la sua voce toccava le nostre corde, era una voce militante sul campo. Marcello c’era, sempre, ad ogni buona causa regalava la sua voce. Il suo vocione possente e nello stesso tempo delicato e intomo si faceva spazio nei cortei e manifestazioni di lotta. Il suo pugno chiuso dopo ’A Flobert ci invitava a non mollare, a lottare, a continuare ad avere un sogno. Marcello era la voce di chi non aveva voce, era la voce degli ultimi, era la voce contro le ingiustizie. Certo era anche tante altre cose. Ha avuto la capacità di fare appassionare tanti giovani alla musica popolare, alle nostre tradizioni. Gli occhi lucidi di mio padre però mi ha fatto riflettere sulla sua voce militante che ha provato a dare voce a chi non aveva voce. Il corteo funebre non poteva non concludersi con Vesuvio e Bella Ciao.
Ciao Marcello. Bello, ciao!
* Foto di Ferdinando Kaiser
Leave a Reply