La ferrovia chiude e i capigruppo di maggioranza ringraziano

Di seguito il documento con il quale i capigruppo del comune della mia città ringraziano Presidente della provincia, regione etc etc per aver finalmente chiuso la ferrovia a Castellammare. Cose e pazze!!!!!

La sospensione della tratta ferroviaria che collega Castellammare di Stabia a Torre Annunziata, decisa dalla Regione Campania e da Reti ferroviarie italiane sulla scorta di una manifesta perdita di convenienza economica della gestione e di un altrettanto evidente crollo nelle presenze, ormai assestatesi su poche decine di passeggeri al giorno, condizioni oggettivamente penalizzanti che non giustificano in alcun modo la continuazione del servizio, è un coraggioso atto politico che va sostenuto con forza per le innegabili ricadute positive che esso assicurerà al territorio stabiese. E non solo per gli indubbi benefici che la città ricaverà in termini di sicurezza e controllo del territorio (sono stati aboliti ben quattro passaggi a livello, i cui biblici tempi di apertura e chiusura erano purtroppo assai noti a quanti, semplici automobilisti, auto delle forze dell’ordine, mezzi di soccorso, hanno avuto la sfortuna di imbattervisi) ma anche e soprattutto per la più ampia e concreta possibilità, per Castellammare di Stabia, di entrare nuovamente in possesso di una imponente porzione di territorio (lunga quasi cinque chilometri) finora rimasta estranea alla piena fruibilità della collettività e ai piani di «ridisegnatura» del territorio dal punto di vista urbanistico. Piani che l’attuale Amministrazione comunale, sin dal proprio insediamento e nel rispetto del programma elettorale, sta portando celermente e fattivamente avanti attraverso il «PIU-EUROPA», in riferimento alla rigenerazione urbana di tutti i volumi edilizi dismessi lungo tutta la tratta. Tra l’altro,

tra pochi giorni sarà appaltato il lavoro per la riqualificazione totale del corso De Gasperi così come approvato nell’accordo di programma tra l’Ente comunale e l’Amministrazione regionale del 24 gennaio us.

Ringraziamo l’assessore regionale ai Trasporti, Sen. Sergio Vetrella, che ha così ben colto l’importanza di un simile progetto per il futuro di Castellammare, sottolineando però al contempo che la presenza di una raccolta firme per il ripristino della tratta non è, a nostro avviso, motivo sufficiente e fondante per l’accoglimento di una simile richiesta, dal momento che la sospensione e la successiva abolizione della tratta in oggetto sono parte integrante del programma elettorale della coalizione uscita vincente alle elezioni amministrative del 2010 con una maggioranza ben più ampia, sicuramente, delle poche firme raccolte per il ripristino della tratta. Sosteniamo convintamente le battaglie del Sindaco per l’attuazione del programma, fortemente voluto e condiviso dai cittadini stabiesi che lo hanno premiato alle urne, e plaudiamo, in questo caso, all’ennesimo risultato raggiunto con la chiusura della tratta ferroviaria in questione.

Dal momento della sospensione del servizio ferroviario, noi tutti stiamo quotidianamente raccogliendo consensi e apprezzamenti sul territorio da parte dei cittadini, gradimenti che certamente non avremo difficoltà a trasfondere in una raccolta firme a sostegno ben più cospicua di quella attualmente posta alla sua attenzione. Anche e soprattutto in considerazione dell’intenzione espressa dal Sindaco Bobbio di realizzare sull’attuale area di sedime un collegamento leggero su sede aperta e una pista ciclabile, soluzioni assolutamente compatibili con i piani di riqualificazione dell’area.

I Capigruppo di maggioranza:

Pdl – Insieme per Castellammare – Patto per Castellammare – Udeur – Stabia rialzati – Agorà – Mpa – Gruppo Misto (con il consigliere Antonio Federico)

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1 Commento

  1. DEL DIRITTO ALLA MOBILITA’ COME BENE COMUNE e DELL’ ARTICOLO 43 DELLA COSTITUZIONE
    Negli ultimi tempi ogni riferimento alla costituzione viene recepito con fastidio. Oggi si preferisce l’espressione governance, termine micidiale che indica un meccanismo neutro, evoca una razionalitaà superiore indiscutibile; “pura funzionalità senza significato”, assoggettamento tecnico di ogni vivente passione civile, intellettuale, umana.
    Il dibattito sui cosiddetti beni comuni è vivo e aperto. Alcuni ne mettono in evidenza le contraddizioni e i limiti teorici. Rodotà, cercando di fare chiarezza, fa riferimento a ciò deve sfuggire alla “teologia economica”, alla logica del mercato, mette i beni comuni nella prospettiva della Costituzione.
    I beni comuni “sono quelli funzionali all’esercizio di diritti fondamentali e al libero sviluppo della personalità, che devono essere salvaguardati sottraendoli alla logica distruttiva del breve periodo, proiettando la loro tutela nel mondo più lontano, abitato dalle generazioni future”
    Luca Nivarra mette in evidenza come la prospettiva dei beni comuni sia quella che consente di contrastare una logica di mercato che vuole “appropriarsi di beni destinati al soddisfacimento di bisogni primari diffusi, ad una fruizione collettiva”.
    Così continua Rodotà nel suo articolo pubblicato su repubblica.it: (Fonte: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/01/05/il-valore-dei-beni-comuni.html)
    “ Proprio la dimensione collettiva scardina la dicotomia pubblico-privato, intorno alla quale si è venuta organizzando nella modernità la dimensione proprietaria. Compare una dimensione diversa, che ci porta al di là dell’ individualismo proprietario e della tradizionale gestione pubblica dei beni. Non un’altra forma di proprietà, dunque, ma «l’ opposto della proprietà», (…) Di questa prospettiva vi è traccia nella nostra Costituzione che, all’articolo 43, prevede la possibilità di affidare, oltre che ad enti pubblici, a “comunità di lavoratori o di utenti” la gestione di servizi essenziali, fonti di energia, situazioni di monopolio.
    Il punto chiave, di conseguenza, non è più quello dell’ “appartenenza” del bene, ma quello della sua gestione, che deve garantire l’ accesso al bene e vedere la partecipazione di soggetti interessati. I beni comuni sono “a titolarità diffusa”, appartengono a tutti e a nessuno, nel senso che tutti devono poter accedere ad essi e nessuno può vantare pretese esclusive. Devono essere amministrati muovendo dal principio di solidarietà. Indisponibili per il mercato, i beni comuni si presentano così come strumento essenziale perché i diritti di cittadinanza, quelli che appartengono a tutti in quanto persone, possano essere effettivamente esercitati. (…) Questa è “una novità politica che i partiti soffrono, o avversano. Ancora inconsapevoli, dunque, del fatto che non siamo di fronte ad una questione marginale o settoriale, ma ad una diversa idea della politica e delle sue forme, capace non solo di dare voce alle persone, ma di costruire soggettività politiche, di redistribuire poteri. È un tema “costituzionale”, almeno per tutti quelli che, volgendo lo sguardo sul mondo, colgono l’ insostenibilità crescente degli assetti ciecamente affidati alla legge “naturale” dei mercati.

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