L’altra manovra possibile
I contenuti della manovra Monti ci fanno esprimere un giudizio del tutto negativo. Sembrano passati secoli dal discorso d’insediamento in cui Monti indicava nella lotta all’evasione fiscale, nello spending review e nella giustizia l’orizzonte da perseguire con determinazione. La realtà purtroppo è un’altra. La crisi, scatenata dalla finanza globale e aggravata dall’inerzia prolungata del governo Berlusconi e dagli altri governi europei, non può ancora una volta essere pagata da lavoratori, pensionandi, che si vedono rubati due anni di vita, e pensionati.
Il taglio ulteriore agli enti locali, Regioni Comuni e Province, determinerà una situazione drammatica per la sanità pubblica, per i servizi alla persona, per le politiche sociali. Il welfare municipale non sarà più in grado di contenere la moltiplicazione dei bisogni sociali e della disperazione.
L’aumento, ulteriore, del 2% dell’Iva avrà ripercussioni negative sul potere d’acquisto delle famiglie, dei giovani, dei precari, contraendo i consumi, fino ad arrivare anche a quelli di prima necessità.
Tra le tante misure che non ci convincono ce n’è una che giudichiamo potenzialmente devastante. Si tratta della garanzia dello Stato per le passività bancarie, con scadenza da tre mesi fino a cinque anni, o a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite. Non è vero che è stato fatto in tutta Europa. è una misura che è stata applicata solo dall’Irlanda e che ha portato quel Paese al fallimento. Le banche possono essere garantite, mentre i cittadini devono tirare la cinghia.
Da ultimo l’assenza di una patrimoniale getta un’ombra imbarazzante sul governo Monti. Senza giustizia sociale e senza forme di progressività nella tassazione è difficile cogliere discontinuità sostanziali dal governo precedente.
Sinistra ecologia e libertà continuerà a fare la propria parte contro la crisi e le politiche neoliberiste dimostrando che ci può essere una strada alternativa a quella dell’austerità che ci consegna ad una recessione senza crescita, senza politiche industriali e senza lavoro.
Oggi presentiamo un pacchetto di proposte denominato appunto “Patrimoniale per la giusta crescita”. Una serie di azioni che dimostrano come e dove scovare risorse colpendo i grandi patrimoni, le rendite e coloro che non hanno mai pagato. Senza dimenticare il tema della giustizia sociale e il paradigma della conversione ecologica come paradigma generale di rilancio delle politiche produttive e di cura del paesaggio.
Ma anche alcune idee per salvare non solo il Paese ma la tenuta stessa dell’Unione Europea. In primo luogo bisogna cambiare il mandato e la missione della Banca Centrale Europea che non può avere più solo “l’obiettivo della stabilità dei prezzi”, ma deve diventare una vera banca per l’unità politica e democratica dell’Unione Europea.
Bisogna regolamentare e controllare l’effettiva attività delle agenzia di rating che spesso hanno pesanti conflitti di interessi e più volte hanno clamorosamente fallito le loro previsioni. E’ indispensabile attivare l’euro project Bond.
Proposte fondate sulla centralità della patrimoniale, prima straordinaria poi ordinaria, sugli accordi internazionali contro la fuga dei capitali, sulla trasparenza e la lotta all’evasione, sul colpire i capitali scudati, sulla lotta alla corruzione, su di un fisco più equo, sulla tassazione delle emissioni inquinanti e su come e quanto colpire immobili e beni mobili di lusso. Azioni da suggerire a chi siede in Parlamento. Perché saranno i parlamentari a votare la manovra. Pensiamo che le forze politiche che siedono alla Camera e al Senato debbano trovare le idee e la determinazione per cambiare di segno ad una manovra sbagliata, ingiusta e fondamentalmente recessiva. E per questa via rimetteremo al centro la democrazia e persino all’idea stessa di sovranità popolare.
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PIU’ EUROPA
La BCE deve cambiare il suo mandato e la sua missione per rispondere alle esigenze reali di funzionamento economico dell’Unione Europea. Deve farlo a partire da un aiuto diretto e non condizionato ai Paesi in crisi.
Realizzare una struttura di controllo sulla funzione e ruolo delle agenzie di Rating.
Euro/project Bond
Fiscalità europea
Audit internazionale sulla composizione dei debiti sovrani degli Stati
PATRIMONIALE
Misura di urgenza per abbattimento debito e per la crescita sostenibile.
Finalità
Abbattimento di una parte dello stock del debito pubblico che liberi miliardi nell’immediato e copra i 218 miliardi di titoli che lo stato dovrà emettere entro Aprile 2012 (per pagare tutti i titoli di stato che stanno andranno a scadenza) (Fonte: Bollettino trimestrale 2011 - Ministero del Tesoro)
Investimenti in crescita sostenibile per ridurre il trend del debito.
Struttura: applicata sulla ricchezza delle famiglie:1
1 La ricchezza netta delle famiglie Italiane e delle società, data dalla somma delle attività reali (immobili, aziende e oggetti di valore, fabbricati non residenziali, macchinari,
2
Imposta patrimoniale straordinaria o Patrimoniale straordinaria un tantum – gettito 200 miliardi:
Tassare le ricchezze finanziarie liquide del 20% più abbiente della popolazione che ammontano a 2200 miliardi di euro. Con imposta al 10%, gettito potenziale 200 miliardi ( impatto non invasivo in termini di riduzione del PIL).
o Patrimoniale straordinaria biennale – gettito 10 miliardi:
Aliquota del 5xmille (0.5%) per 2 anni oltre i 500.000 euro.
Gettito stimato in 2 anni di circa 10 miliardi.2
Imposta patrimoniale ordinaria
o 5xmille (0.5%) oltre 800000, gettito annuale 2 miliardi circa l’anno
Condizioni necessarie per l’applicazione della patrimoniale attrezzature, scorte e avviamento, terreni), delle attività finanziarie (depositi, titoli di Stato, azioni, ecc.) al netto delle passività finanziarie (mutui e altri debiti) (Definizione Banca d’Italia)
2 G. Tabellini (rettore Bocconi) è a favore a patrimoniale straordinaria al 5xmille.
3
o Applicazione sui valori catastali (più 15% - 30% e non 60%)
previo aggiornamento senza maggiore consumo di suolo finalizzato a compensare il divario con il valore di mercato.
o Meccanismi di controllo della spartizione della ricchezza patrimoniale al di sotto della soglia tramite disaggregazioni fittizie del nucleo familiare e controllo sulle successioni.
o Reintroduzione tassa sulla successione.
o Controllo società di comodo per assegnazione proprietà.
o Retroattività del calcolo dell’imposta sul valore immobiliare in base ad un periodo di tempo il cui inizio sia precedente all’entrata in vigore dell’imposta.
ACCORDI INTERNAZIONALI
Gettito: dai 20 ai 30 miliardi
Accordi internazionali sul controllo e l’identificazione dei flussi finanziaria.
Accordi Svizzera-Italia sulla linea degli accordi Gran Bretagna e Germania con Svizzera.
TRASPARENZA E LOTTA ALL’EVASIONE
– Reintroduzione falso in Bilancio
– Coinvolgimento degli intermediari finanziari e delle agenzie del
territorio:
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o “CUD finanziari ed Immobiliari” . Emissione obbligatoria di certificati
riassuntivi delle situazioni finanziarie ed Immobiliari di ogni soggetto, da parte di istituti finanziari che ne detengono attività finanziarie e agenzie del territorio
– Pubblicazione dichiarazione dei redditi e dei patrimoni online
obbligatoria
– Soglia minima nell’uso del contante a 300 euro.
– Obbligatorietà del sistema di pagamento elettronico in tutti gli esercizi e attività professionali.
– Elenco telematico clienti-fornitori per ogni impresa di qualsiasi dimensione
– Obbligo per commercianti e professionisti di dedicare un apposito conto corrente a incassi e pagamenti di lavoro
– L’obbligo di riportare il codice fiscale dell’autore di ogni girata
CAPITALI SCUDATI
Gettito potenziale circa 15 miliardi
! Maggiori sanzioni per seconda rata dei condoni IVA spariti.
! Maggiorazione imposta, dal 5% al 20%, sui capitali scudati.
TASSAZIONE E REGOLAZIONE DELLA FINANZA
! Tassazione transazioni finanziarie con aliquota al 0.05%. Esclusi mutui e contratti assicurativi, titoli di stato ed azioni sul mercato primario. I titoli derivati un’aliquota del 0.1%. Gettito annuale atteso in Europa 55 miliardi di euro (secondo la Commissione Europea)
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!Tassare le rendite finanziarie da attività più rischiose (23%) e
riportare al 12.5% quello su obbligazioni.
LOTTA ALLA CORRUZIONE
Transparency international Italia stima la corruzione pari ad perdita
di 50 miliardi l’anno. Rafforzamento degli ambiti di contrasto alla
corruzione in capo alla Corte dei Conti.
FISCO
! Aggiornamento imposta sui redditi delle persone fisiche – IRPEF
o < 15 mila euro – 20%
o 15-28 mila euro – 27%
o 28-55 mila euro – 38%
o 55-70 mila euro – 41%
o 70 – 200 mila euro – 45%
o Oltre 200 mila euro 47%
o Oltre un milione di euro 49%
(le ultime due aliquote temporanee in attesa di una revisione complessiva della politica dei redditi)
! Addizionale IRPEF per le case di proprietà tenute a “disposizione” (nè locate nè adibite ad abitazione) nelle aree metropolitane.
! Aggiornamento del FISCO per le giovani generazioni. Reintroduzione
NO TAX ARIA fino a 6mila euro annui su giovani con meno di 35 anni che non ricevono altre deduzioni fiscali. Tale riduzione sarà
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compensata da un aumento dell’aliquota sulle fasce più alte di reddito.
Oppure in alternativa
! defiscalizzazione fasce deboli: semplice riduzione dal 23% al 20% dell’aliquota sui redditi più bassi compensata da aumento aliquote su redditi alti.
TASSA EMISSIONI CO2
Gettito potenziale 500 milioni di euro
Tassazione progressiva dei veicoli in base all’emissioni inquinanti che colpirà i mezzi più potenti ed ecologicamente inefficaci
IMMOBILI DI LUSSO
Revisione tassazione degli immobili di lusso. Ad oggi su castelli e immobili di pregio non si paga alcuna tassa.
FREQUENZE TV
Gettito potenziale 1,5 miliardi di euro
Bloccare la gara che concede gratuitamente sei frequenze tv per 20 anni alle televisioni nazionali dominanti (Rai e Mediaset). Una gara fondata sulla gratuità che permette ai vincitori di rivendere le frequenze dopo 5 anni senza alcuna autorizzazione ministeriale.
ALTRE MINORI USCITE
4,4 miliardi di euro
Riduzione degli organici delle forze armate a 120mila unità e integrazione dentro la cornice europea e delle Nazioni Unite.
Gettito previsto 3 miliardi di euro.
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Blocco dei contratti per la realizzazione di 131 cacciabombardieri Joint
Strike Fighter, 4 sommergibili Fremm, dei cacciabombardieri F35 e delle due fregate Orizzonte.
Gettito previsto 783 milioni di euro.
Ritiro delle truppe dall’Afghanistan e da tutte quelle missioni internazionali che non abbiano la copertura delle Nazioni Unite.
Gettito previsto 616 milioni di euro.
PROPOSTA PER UNA POLITICA INNOVATIVA SUI RIFIUTI
1 – La questione dei rifiuti non può essere assolutamente affrontata solo concentrandoci sulla ricerca della migliore soluzione tecnico organizzativa di raccolta e della migliore tecnologia di trattamento e smaltimento disponibile. Questo è un approccio vecchio che noi riteniamo sbagliato.
La tecnologia può aiutarci ma da sola non può salvarci da quella montagna immensa di rifiuti che ogni anno produciamo, ci salveremo solo se torneremo tutti ad usare la testa, la nostra intelligenza oltre che le mani per gestire i rifiuti delle nostre attività.
Non è iscritto nell’ordine naturale delle cose, che la gigantesca montagna di rifiuti che produciamo ogni anno debba continuare a crescere all’infinito, così come è stato nel corso degli ultimi decenni.
In Italia i rifiuti sono cresciuti più rapidamente del Prodotto interno lordo: dai dati Federambiente emerge che dal 1997 al 2003 la produzione di rifiuti urbani è passata da 26 a poco più di 30 milioni di tonnellate, con un aumento percentuale del 15%. La causa principale di questa crescita è stata la diffusione della modalità di consumo “usa e getta”. La crescita annua, ha riguardato non solo i rifiuti urbani, ma anche i rifiuti speciali (+2% circa l’anno). La produzione dei rifiuti ha rallentato dal 2004 al 2006, poi c’è stata una situazione di stabilità fino al 2008 e infine un’inversione di tendenza con una lieve flessione
La produzione nazionale dei rifiuti urbani si attesta, nell’anno 2009, a 32,5 milioni di tonnellate mentre la produzione stimata dei rifiuti speciali sono oltre 4 volte di più, per un totale di 138,7 milioni di tonnellate. I rifiuti speciali sono cresciuti nel 2008, complessivamente di 1,6 milioni di tonnellate (1,2%) e sono composti da 72,4 mln. di ton. di speciali non pericolosi, 11,3 mln. di ton. di speciali pericolosi, 55 mln. rifiuti settore costruzioni e demolizioni.
L’inversione di tendenza con la lieve flessione del 2009, non è da attribuire ad una buona pratica politica che si è affermata nella gestione dei rifiuti ma alla grave crisi economica che ha peggiorato le condizioni di milioni di famiglie italiane, ridotto il loro potere di acquisto provocando una flessione dei consumi e una conseguente riduzione della produzione dei rifiuti.
La Direttiva quadro Europea 2008/98/CE del 19 novembre 2008, che intende spingere l’Europa verso la “Società del Riciclaggio”, stabilisce una rigorosa gerarchia delle fasi del trattamento dei rifiuti. Le prime fasi producono o potrebbero produrre una diminuzione progressiva dei rifiuti, fino a smaltire solo il non più eliminabile (rifiuti urbani residui, RUR) mentre le ultime due si occupano proprio di gestire i RUR. L’ordine rigoroso degli interventi è:
1. Prevenzione e riduzione dei rifiuti, mediante l’estensione del loro ciclo di vita e la riduzione di sostanze pericolose a livello della produzione industriale;
2. Riutilizzo dei rifiuti senza ulteriore trattamento compreso il recupero propriamente detto cioè riparazioni o decostruzioni parziali;
3. Riciclaggio, ossia le operazioni che decostruiscono i materiali abbandonati per ottenere materie prime seconde (MPS) o prodotti equivalenti da reinserire nel ciclo produttivo;
4. Recupero energetico che prevede anche l’ottenimento di combustibile da rifiuti (CDR), energia elettrica, cogenerazione di calore e teleriscaldamento prodotti in impianti che devono rispondere a stringenti requisiti di efficienza;
5. Smaltimento ovvero il conferimento in discarica dei soli RUR, opportunamente trattati per non produrre percolato.
Per Sel i capisaldi di un corretto ciclo dei materiali sono le cosiddette 4 R : Riduzione, Riuso, Recupero e Riciclaggio.
Purtroppo ancora oggi la politica di gestione dei rifiuti è fortemente orientata alle discariche dove viene stoccato circa il 65% del totale, mentre circa il 10% viene incenerito con le enormi e pesanti conseguenze ambientali che queste soluzioni comportano. Solo il 25% circa dei rifiuti viene avviato a riciclaggio o compostato.
Noi crediamo, che sia possibile lavorare per fermare la crescita dei rifiuti e che sia possibile anche iniziare a lavorare, non solo per ridurla, ma anche per modificarne la composizione merceologica al fine di favorire strategie di raccolta differenziata, recupero, riutilizzo e riciclaggio.
2 – I rifiuti solidi urbani hanno composizione molto variabile da città a città, nelle varie stagioni dell’anno, nei vari quartieri di una stessa città. Tali rifiuti contengono carta e cartoni, residui di cibo, vari tipi di plastica, vetro, i metalli delle “lattine” di ferro e alluminio; e poi stracci, polveri, materiali organici, materiali di demolizione degli edifici, beni durevoli come mobili, elettrodomestici, computer, eccetera.
Noi sottraiamo prodotti vegetali e animali, minerali, pietre, combustibili, eccetera, dalla natura e le trasformiamo in merci e poi successivamente trasformiamo queste merci in rifiuti gassosi, che finiscono nell’atmosfera, liquidi che finiscono nelle acque, e solidi che rappresentano i rifiuti di cui stiamo parlando.
I rifiuti solidi, in quanto merci usate, non sono cose morte: la carta contiene ancora cellulosa, sia pure insieme a collanti e inchiostri, la plastica è ancora costituita dalle macromolecole originali, sia pure addizionate con coloranti e agenti vari, il vetro è tale e quale, anche quando le bottiglie vengono buttate via, le lattine contengono ancora ferro, alluminio, eccetera. In via di principio è possibile farli resuscitare, ottenendo carta nuova dalla carta usata, nuovi oggetti di plastica dalla plastica usata, nuovo vetro e ferro e alluminio dai rispettivi rottami.
Invece, per decenni, ma ancora oggi, lo smaltimento dei rifiuti è avvenuto per lo più con la loro sepoltura indiscriminata in discariche, una soluzione inaccettabile.
La combustione dei rifiuti solidi urbani negli inceneritori, il cui nome è stato nobilitato a quello di “termovalorizzatori”, genera prodotti gassosi e volatili, e non si tratta solo delle diossine, ma di moltissimi altri composti tossici e nocivi prodotti dal trattamento ad alta temperatura, e poi scorie e ceneri (un quarto della massa bruciata) di cui nessuno conosce la composizione.
La sostanza organica all’interno dei termovalorizzatori se da un lato consente, in base alle distorsioni delle Direttive UE, di acquisire incentivi, dall’altro obbliga ad immettere molto più gas fossile in ingresso alla caldaia perché il rifiuto ha meno potenziale calorifico per la presenza di una percentuale di sostanza organica.
Le sostanze prodotte dalla combustione ricadono sui terreni, circolano nelle acque, finiscono nei polmoni delle persone; così, grazie agli incentivi di una legge perversa, da otto anni i cittadini italiani sono inquinati e danneggiati e pagano anche per questo.
L’incenerimento dei rifiuti scoraggia e anzi impedisce il recupero della materia riciclabile presente nei rifiuti, perché proprio le parti più facilmente differenziabili e riciclabili, come carta e plastiche, sono anche quelle con il più alto potere calorifico, e quindi maggiormente “necessarie” per produrre nei forni il calore da trasformare in elettricità.
E’ necessario cambiare immediatamente direzione di marcia, avviare una vera e propria rivoluzione industriale per attivare processi di innovazione nella produzione e nel sistema di distribuzione e commercializzazione dei beni di consumo, è altrettanto urgente e indispensabile sviluppare la ricerca, saperla valorizzare per produrre innovazione dei cicli produttivi, per far crescere e potenziare una filiera industriale del riciclaggio per la produzione di beni e prodotti realizzati con materie prime seconde raccolte in modo differenziato, per recuperare il massimo della materia possibile dai rifiuti, per produrre occupazione e nuova ricchezza sociale.
Sel chiede che siano aboliti gli incentivi economici per gli inceneritori favorendo ed incentivando processi alternativi più virtuosi pianificati e finalizzati a soppiantare la pratica dell’incenerimento e dello smaltimento in discarica con quelle del riciclaggio/riuso e della produzione energetica dagli scarti organici intercettati alla fonte
Non siamo degli irresponsabili, noi non diciamo spegniamo subito tutti gli inceneritori perché farlo senza aver creato e messo a regime sistemi alternativi vorrebbe dire produrre un disastro ambientale senza precedenti. Noi vogliamo creare le condizioni per liberarci progressivamente dalla necessità degli inceneritori.
Nella nostra prospettiva la raccolta differenziata il recupero e il riciclaggio non rappresenta un aspetto marginale ed integrativo di un altro sistema impiantistico, per noi rappresenta il sistema, il nostro futuro.
Noi sosteniamo che lo sviluppo di raccolte differenziate spinte possono convivere con impianti di incenerimento solo ed esclusivamente nella fase di transizione dal vecchio sistema a quello nuovo che rappresenta l’obiettivo di questo nostro progetto programmatico, e comunque, anche in questa fase di transizione, l’uso dell’incenerimento dovrà essere autorizzato partendo, non già dall’obiettivo di ricavare il massimo profitto possibile grazie agli incentivi, ma bensì, dal recupero energetico (termico ed elettrico) del rifiuto introdotto privo di sostanza organica e possibilmente, con ridotti quantitativi di tutte le sostanze che aumentano il tenore di diossine nei fumi di combustione. Inoltre dobbiamo pretendere la massima trasparenza e un controllo sulla composizione dei rifiuti destinati all’incenerimento e controlli con sistemi in continuo sui fumi, nei terreni e nelle acque; chiediamo che siano resi più severi i limiti massimi ammessi per le sostanze inquinanti.
Chiediamo ai nostri amministratori di essere coerenti con questa impostazione. Se le scelte che vengono attuate oggi sono tutte sbilanciate verso l’incenerimento ci precluderemo qualsiasi alternativa nel prossimo futuro e in questa prospettiva la raccolta differenziata e il riciclaggio non potranno che essere del tutto marginali.
3 – L’andamento della produzione dei rifiuti urbani può essere legato a diversi fattori che possono incidere, in maniera anche sostanziale, sul dato complessivo di produzione dei rifiuti urbani, uno di questi è sicuramente la tendenza, più o meno marcata nei diversi contesti territoriali e a livello di singolo comune, ad assimilare ai rifiuti urbani stessi, diverse tipologie di rifiuti speciali derivanti dai circuiti produttivi. Questa pratica è marcatamente accentuata in Toscana che la pone in testa alla classifica delle Regioni italiane come la maggiore produttrice di rifiuti urbani procapite.
Questi rifiuti di provenienza produttiva assimilati, grazie a dei regolamenti comunali, vengono raccolti nell’ambito dei sistemi di gestione dei rifiuti urbani e computati tra gli RSU, incidendo in maniera non trascurabile sul dato di produzione annuale di questi ultimi e sul loro andamento complessivo.
Le ultime disposizioni normative, introdotte dal D.Lgs 152/2006, ulteriormente modificate ad inizio 2008, dal D.Lgs 4/2008, hanno previsto una serie di limitazioni alla possibilità di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani. Dobbiamo agire a livello dei singoli comuni per fare adeguare i regolamenti comunali alle nuove disposizioni legislative.
Spesso alcuni oggetti diventano rifiuti prima ancora di essere consumati. In molti casi, nella nostra società i rifiuti hanno un ciclo di vita brevissimo, ad esempio gli imballaggi dei prodotti acquistati appena arriviamo a casa, dopo aver fatto la spesa, finiscono subito nell’immondizia. La riduzione dei rifiuti riguarda quindi, prima dei consumi, gli aspetti della produzione e della distribuzione delle merci, il cui marketing di vendita è legato al confezionamento dei prodotti e alla loro durabilità.
Oggi siamo già arrivati al paradosso che paghiamo più il contenitore del contenuto, costa più il cellophane del pomodoro, la tavoletta di polistirolo con cellophane che la lattuga.
La montagna di imballaggi che troviamo sugli scaffali dei supermercati non rappresenta soltanto un problema ambientale, comincia a diventare un peso economico.
Ridurre gli imballaggi e ridurre il numero dei passaggi nella catena della distribuzione, avvicinare il produttore al consumatore dando la possibilità di consumare cibo più fresco e con addosso meno chilometri e meno emissioni serra.
Educare ad una alimentazione più sana, razionale e corretta, soprattutto le giovani generazioni: comprare frutta e verdura di stagione e del luogo, utilizzare le vecchie borse della spesa, evitare i piatti e le stoviglie usa e getta, acquistare prodotti in confezioni riutilizzabili.
L´impatto crescente del problema rifiuti sta cambiando le abitudini di un numero crescente di consumatori. Una tendenza positiva che va promossa e generalizzata il più possibile. Questa tendenza si misura anche con il successo dei mercati contadini per la vendita diretta dei prodotti alimentari, un´antica abitudine italiana riproposta con successo in tanti comuni italiani e da generalizzare portandola a sistema.
La questione imballaggi ha un’importanza strategica. E’ necessario affermare una nuova cultura della progettazione e delle modalità distributive e di marketing in modo che quando si progetta un qualsiasi bene di consumo lo si faccia pensando al suo fine vita, quando verrà rigettato e diventerà rifiuto e alle modalità più semplici ed economiche per essere differenziato, riutilizzato o riciclato.
4 – Esiste in tutto il paese una ricerca settoriale sul design degli imballaggi, sui materiali, sulla valorizzazione e il recupero e riciclaggio di materie prime seconde, noi crediamo sia necessario metterle in rete, creare possibili sinergie, diffondere le conoscenza già acquisite, finanziare e promuovere nuova ricerca e il trasferimento tecnologico per potenziare la filiera industriale del riciclaggio.
Un ulteriore fattore che determina il rallentamento della crescita della produzione dei rifiuti urbani è sicuramente l’attivazione di misure di prevenzione, attraverso buone pratiche virtuose di riduzione dei rifiuti che si vanno estendendo in diversi territori per iniziativa di diverse amministrazioni comunali e che hanno attivato un sistema integrato di gestione dei rifiuti, con azioni che tendono ad incentivare la prevenzione e la minimizzazione della produzione di rifiuti.
Le buone pratiche virtuose e innovative sono positivamente contagiose e difficilmente rimangono prigioniere nel proprio ristretto ambito come memoria esclusiva della comunità che ha saputo realizzarle. Si diffondono grazie alla forza dell’esempio e si possono facilmente trasformare in una efficace strategia comunicativa che può riuscire a innescare processi culturali di cambiamento, possono diventare seme da cui possono germogliare tante altre esperienze in tante altri luoghi e situazioni diverse. Le buone pratiche non sono mai un punto di arrivo, ma l’inizio di un percorso culturale comunicativo ed educativo.
E’ necessario promuovere la riduzione dei rifiuti anche attraverso piccoli ma significativi comportamenti virtuosi da parte di ciascuno di noi come:
utilizzare per la spesa le borse di tela al posto degli shopper in plastica tradizionale;
• acquistare prioritariamente verdura e frutta di stagione sfusa ai mercati contadini di filiera corta;
• bere l’acqua del rubinetto per ridurre i rifiuti di bottiglie in plastica;
• evitare i prodotti usa e getta;
• preferire detersivi, detergenti e alimenti distribuiti alla spina, o le ricariche per riutilizzare lo stesso contenitore;
• sviluppare una rete di distributori del latte fresco crudo degli allevatori locali;
• promuovere l’uso dei contenitori a rendere, la diffusione dell’utilizzo di imballaggi secondari riutilizzabili;
• abolire l’usa e getta da tutte le mense aziendali, scuole e aziende pubbliche ed eliminare i distributori di cibo industriale preconfezionato;
• intercettare “rifiuti” domestici ingombranti che ancora hanno un loro valore d’uso, per avviarli alla riparazione e al riuso;
• riduzione della TIA e dell’ICI a quegli esercizi che consentono una drastica riduzione degli imballaggi e si attrezzano per la vendita di prodotti alla spina (detersivi, acqua, latte, olio, vino, farine, zucchero, pasta, ecc.);
• Sagre paesane e mercati ad impatto zero, mediante la messa a disposizione di lavastoviglie industriali mobili per l’uso di stoviglie in coccio o in subordine l’uso di stoviglie biodegradabili.
Sono tante le buone pratiche che si stanno diffondendo e che iniziano a sottrarre, all’enorme montagna di rifiuti, piccole quantità di materiali ma la sfida è quella di generalizzarle, portarle a sistema, perché in quel modo potrebbero dare un contributo significativo e decisivo.
5 – In diversi contesti territoriali, inoltre, è ormai diffuso, da diversi anni, il compostaggio domestico che sta andando peraltro incontro a rapida diffusione. Tale pratica consente di intercettare e di allontanare dai circuiti della raccolta, quantità non trascurabili di frazione organica, che rappresenta la percentuale più grande e una delle matrici di più difficile gestione.
Chiediamo che il compostaggio domestico sia promosso ovunque è possibile ed incentivato con un riconoscimento di uno sconto sulla tariffa.
La nostra proposta non si riduce ad una semplice modalità organizzativa di raccolta dei rifiuti che si integra al sistema tradizionale esistente, è un’idea progettuale più ambiziosa: l’inizio di una graduale transizione da un sistema consolidato e dominante su quasi tutto il territorio nazionale ad un sistema alternativo, radicalmente diverso, che investe sulla fiducia, sulla testa e sulle braccia degli uomini e delle donne, sulla loro intelligenza, sul loro senso di responsabilità e su alti livelli di partecipazione. Questo deve diventare il nuovo sistema, il futuro dell’Italia.
Questo processo deve essere inserito in una strategia culturale complessiva: “verso rifiuti zero”, che oltre a rivoluzionare la modalità della raccolta dei rifiuti prova a modificare comportamenti e stili di vita per affermare una nuova cultura fondata sulla partecipazione responsabile e consapevole dei cittadini, con l’obiettivo di realizzare le condizioni per soddisfare i bisogni umani e sociali impiegando meno risorse, consumando meno energia, riducendo le emissioni in atmosfera e, soprattutto producendo meno rifiuti.
SEL contribuisce ad aprire processi culturali e percorsi di acquisizione di consapevolezza essenziali per recuperare senso critico, autonomia culturale, per liberarci dalla moderna schiavitù del consumo.
SEL assume come orizzonte della propria azione di politica ambientale la strategia “rifiuti zero” un viaggio verso quella che a tutti oggi appare come un’utopia, sicuramente una efficace e rivoluzionaria provocazione culturale e politica che costringe ogni amministratore a muoversi, a vincere la pigrizia, a non accontentarsi dell’ordinaria amministrazione dell’esistente, sprona tutti ad andare avanti anche a piccoli passi, dritti, verso questo ambizioso traguardo fissato davanti a noi. Non è importante come e quando lo raggiungeremo, ma quello che siamo stati in grado di costruire strada facendo, lungo questo viaggio, e se qualora, non riuscissimo a raggiungerlo, basterà solo guardarsi indietro per vedere quanta strada abbiamo fatto e che valeva comunque la pena iniziarlo.
Cambiare il sistema di gestione dei rifiuti è necessario ma non sufficiente per chi come noi aspira a cambiare questo paese e ad affermare una nuova idea di società. Il sistema della raccolta domiciliare “porta a porta” (PaP), rappresenta l’unico modo efficace per raggiungere percentuali di raccolta differenziata estremamente elevate. Ma questo sistema, deve rappresentare molto di più, diventare una grande opportunità educativa, uno strumento straordinario per costruire senso civico, responsabilità e consapevolezza sull’insostenibilità del nostro attuale modello di consumo e di sviluppo fondato sullo spreco e sull’inciviltà dell’usa e getta.
Una delle barriere e delle difficoltà più difficili da rimuovere per uno sviluppo sostenibile, riguarda proprio il cambiamento degli stili di vita e delle abitudini della famiglie. Questa strategia si è dimostrata uno strumento di educazione, di responsabilizzazione straordinario, perché entra in ogni casa, chiede a tutti di cambiare qualcosa nelle proprie abitudini nei confronti dei rifiuti domestici, chiede di modificare comportamenti individuali e familiari consolidati da anni, richiede una piccola rivoluzione culturale. Costringe a porre attenzione nel maneggiare i rifiuti. Nessuno di noi è consapevole di quello che gli passa per le mani tanto è scontato e istintivo il gesto del buttare via dentro il sacco nero indifferenziato. Quando si toglie questa possibilità si impone un cambiamento profondo di comportamenti individuali, si costringe il cittadino, che ha davanti a sé contenitori di colori diversi per diverse tipologie di rifiuti, a fermarsi un attimo a guardare e soprattutto a pensare in quale dei diversi contenitori e di quale colore deve buttare il rifiuto, in quel momento prende coscienza di quello che ha in mano, lo seleziona e di conseguenza sceglie dove metterlo. Una semplice banale, elementare azione, che cambia però in tutti noi il modo di rapportarsi con i rifiuti che non è più solo un problema di altri, del Comune, ma comincia ad essere anche un problema nostro, di tutti e, in questo modo, la gestione del rifiuto inizia dalle nostre case.
Attraverso questo processo culturale, democratico e partecipato, possiamo riuscire a coinvolgere categorie sociali altrimenti irraggiungibili, invisibili, fuori da ogni circuito di partecipazione. Possiamo riuscire a portare, in luoghi abbandonati dalla politica, le complesse problematiche che stanno dietro a questo nostro insostenibile modello di sviluppo e di consumo.
Cosa dà in cambio al cittadino questo sistema? Tanto. Libera finalmente spazi pubblici, vie e piazze dal degrado dei cassonetti spesso sommersi da rifiuti abbandonati e sparpagliati dappertutto, ci restituisce un po’ di decoro urbano, costruisce nuovi posti di lavoro, ci rende un po’ più civili e consapevoli, contrasta in modo efficace la deresponsabilizzazione insita nel sistema usa e getta, costruisce senso civico e ci rende tutti un po’ più civili.
Nell’ambito di questo percorso, ogni realtà locale, deve necessariamente tracciare, con la necessaria gradualità, gli obiettivi, le tappe intermedie, le modalità e stabilire i tempi della transizione, dal sistema ordinario e tradizionale di gestione dei rifiuti, al nuovo sistema che si fonda sulla raccolta porta a porta, sulla differenziazione spinta e sul recupero e riciclaggio di quanta più materia possibile.
SEL è portatrice di un’idea di società in cui la sobrietà diventa il modo in cui noi decliniamo la sostenibilità nel nostro agire quotidiano e una delle nuove frontiere del nostro agire politico. Non possiamo limitarci a gestire l’esistente, se rimaniamo dentro questa logica non c’è speranza e nemmeno futuro, ne per noi ne per il nostro paese.
Il sistema “porta a porta” ci consente di coinvolgere e rendere protagonisti i cittadini, di costruire nuove relazioni, ci permette di attivare percorsi democratici e partecipati che sono essenziali per costruire consenso popolare per fare accettare il nuovo sistema. E’ necessario investire in risorse umane e finanziarie, organizzare assemblee, piccoli incontri nei condomini, nei bar, nei circoli, ovunque sia possibile. E’ necessario coinvolgere, nella campagna informativa e nella distribuzione dei contenitori per la raccolta, la fitta rete dell’ associazionismo culturale, sportivo e del volontariato, presenti in ogni territorio, renderle protagoniste di questo processo di innovazione per far percepire la trasformazione radicale del sistema di raccolta, non come un qualcosa calato dall’alto, imposto da ragioni politiche attraverso la forza di un’ordinanza, ma come un cambiamento che nasce e si organizza anche grazie al contributo e alla partecipazione attiva di pezzi rappresentativi delle comunità stesse.
Non esiste il modello ideale da riproporre e trasferire meccanicamente nelle diverse specificità locali. La raccolta PaP è come un vestito che va cucito addosso ad ogni singola realtà nel rispetto delle sue specificità. Ogni realtà deve ricercare i migliori processi organizzativi, progettare sistemi di raccolta tagliati su misura, nel rispetto delle diverse tipologie urbane ed orografiche degli ottomila comuni italiani.
E’ indispensabile fare informazione e formazione per tecnici, amministrativi e operatori delle diverse aziende del settore, creare una regia tecnica progettuale decentrata nei territori per fare del porta a porta, il sistema di gestione della raccolta dei rifiuti.
E’ dimostrato e dimostrabile che questo è l’unico mezzo efficace che produce risultati immediati di riduzione dei rifiuti da conferire in discarica. Nelle diverse esperienze italiane ormai molto numerose si dimostra che in un solo anno si possono ottenere veri e propri balzi in avanti straordinari nelle percentuali di raccolta differenziata. Ci sono tante esperienze che si sono consolidate a percentuali anche superiori all’80%. Iniziare con la dovuta gradualità il percorso della transizione di modello di raccolta, completare l’estensioni su tutto il territorio per realizzare le condizioni necessarie per concludere la rivoluzione nella gestione dei rifiuti attraverso l’adozione del calcolo puntuale della TIA (Tariffa Igiene Ambientale) che rappresenta un elemento fondamentale di giustizia e di equità per cui ogni cittadino è chiamato a pagare la quantità effettiva di rifiuti prodotti e conferiti al sistema pubblico e in questo modo si potranno premiare i cittadini responsabili e più virtuosi e punire gli indifferenti e gli irresponsabili che dimostrano scarso senso civico.
6 – La messa a sistema della raccolta differenziata su tutto il territorio nazionale è l’ azione che può creare, in tempi brevi, le condizioni per liberarci dalla necessità di costruire nuovi inceneritori che rappresentano il modo culturalmente più arretrato e deresponsabilizzante, meno sicuro, meno economico e più pericoloso per la gestione dei rifiuti.
I target di raccolta differenziata fissati dal D.Lgs 152/2006 e dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 ci dice che entro il 31 dicembre del 2011 avremmo dovuto raggiungere il 60% per poi arrivare all’obiettivo del 65% entro il 31 dicembre 2012. Oggi la media italiana di raccolta differenziata è del 27,5% ma con una situazione notevolmente diversificata nelle tre macroaree geografiche.
Il Nord, ha raggiunto una percentuale pari al 42,4%; il Centro il 20,8% ; il Sud, è fermo al 11,6%. In termini pro capite la media nazionale della raccolta differenziata si attesta, nel 2008, a circa 165 kg/abitante per anno. Questi sono gli ultimi dati ufficiali disponibili ma dati parziali più recenti ci indicano che qualcosa in questi ultimi due anni si è mosso perché queste percentuali sono cresciute.
Le ricadute occupazionali del sistema di raccolta “porta a porta” sono estremamente positive perché il servizio necessita di un consistente potenziamento del numero di operatori ecologici.
Le diverse esperienze che si sono consolidate in Italia ci dicono, che in modo graduale, contestualmente all’estensione del servizio sul territorio, i benefici ambientali si coniugano con evidenti benefici occupazionali. Possiamo stimare realisticamente, che si crea un nuovo posto di lavoro per ogni circa mille abitanti serviti dalla nuova modalità di raccolta.
Nei diversi comuni della Piana di Lucca si sono creati 50 nuovi posti di lavoro per una popolazione complessivamente coinvolta dal porta a porta che supera di poco le 50.000 unità.
I costi del nuovo servizio domiciliare vengono compensati dai risparmi ottenuti dal mancato conferimento agli impianti di smaltimento dei rifiuti indifferenziati. Quando questi costi di conferimento superano i 100 euro a tonnellata, la trasformazione radicale del sistema si autofinanzia completamente e si ottengono dei risparmi che possono essere utilizzati non solo per acquistare mezzi più piccoli ed ecologici ed assumere nuovo personale ma anche per garantire un risparmio sulla tariffa al cittadino.
Comunque, il costo necessario per cambiare radicalmente il modello di gestione dei rifiuti in una regione attivando un sistema diffuso di RD domiciliare, sostituendo praticamente tutti i cassonetti filo strada esistenti, è sicuramente inferiore rispetto al costo di costruzione di un solo impianto di incenerimento moderno che costa almeno 200 milioni di euro. Adeguare i sistemi di raccolta, oltre a costare meno, consentirebbe di ottenere già risultati positivi di riduzione dei rifiuti da conferire agli impianti di trattamento e smaltimento, nel giro di qualche mese, scongiurando l’emergenza rifiuti in tempi ben più brevi rispetto a quelli che sarebbero necessari per realizzare gli impianti previsti.
Per tenere sempre alta l’attenzione e per tenere sotto costante monitoraggio la produzione dei rifiuti e la gestione dei flussi, l’andamento della raccolta, del recupero e smaltimento delle varie tipologie di rifiuti, i costi relativi, attraverso lo studio, l’acquisizione, l’elaborazione e la pubblicazione dei dati relativi alla produzione qualitativa e quantitativa dei rifiuti urbani, risultati delle raccolte differenziate, modalità organizzative dei servizi, costi, destino dei materiali; l’analisi tecnico-economica delle iniziative in atto sul territorio e la valutazione del raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Per organizzare attività di sensibilizzazione, informazione, formazione, consulenza tecnica sulle problematiche relative alla prevenzione e gestione dei rifiuti urbani, rivolta alle aziende artigiane, commerciali, industriali, agricole e ai cittadini promozione delle iniziative di riduzione, raccolta differenziata e recupero dei rifiuti.
7 – Uno dei principali fattori operativi di risparmio dei costi è la RD della sostanza organica: se si riesce a intercettare a monte il 90% della frazione (ed è possibilissimo, già fatto in tante realtà territoriali) il rifiuto residuo non è sostanzialmente più putrescibile. Questo fa risparmiare non solo sul fronte della raccolta, riducendo le frequenze di svuotamento dei contenitori per lʼindifferenziato, ma anche al momento dello smaltimento.
Uno dei principali fattori di impatto ambientale, dei problemi e dei costi connessi, di una discarica controllata è il carico organico dei rifiuti che contiene. Se si pensa che differenziare a monte i rifiuti organici riduce molto più efficacemente la putrescibilità dell’indifferenziato rispetto alla separazione meccanica con un vaglio a bocca di discarica, ci si rende conto che una RD “spinta” di questa frazione renderebbe molto diverse anche le discariche in cui viene conferito il residuo.
Grazie a una RD dei rifiuti organici, le discariche sarebbero meno impattanti, più realmente “controllate”: quindi costerebbero di meno, sarebbero più facili da localizzare e più veloci da realizzare. Privilegiando l’incenerimento, invece, le discariche sarebbero più costose e ancora più difficili da localizzare, in quanto ogni anno vi si dovrebbero conferire parecchie decine di migliaia di scorie e ceneri: cioè residui ben più tossici dell’attuale indifferenziato.
La raccolta differenziata dell’umido porta alla formazione di un flusso di rifiuto caratterizzato da alto contenuto in acqua ed alte concentrazioni di materiali facilmente biodegradabili; questo materiale non si presta ad essere compostato tal quale, in quanto il basso contenuto in secco non è sufficiente a garantire le condizioni di stabilità strutturale del cumulo; ciò comporta aggiunte sostanziali di agenti strutturanti, o produzione di percolati che incidono sulla sostenibilità economica del processo nel suo complesso.
La digestione anaerobica è un processo biologico complesso per mezzo del quale, in assenza di ossigeno, la sostanza organica viene trasformata in biogas, costituito principalmente da metano e anidride carbonica. La percentuale di metano nel biogas varia a secondo del tipo di sostanza organica digerita e dalle condizioni di processo e varia da un minimo del 40% fino all’80% circa.
Il vantaggio del processo è che l’energia biochimica contenuta nella sostanza organica, anziché venire liberata sotto forma di calore da allontanare dal sistema, si conserva grazie alla parziale conversione in metano utilizzabile a scopo energetico.
Durante la digestione anaerobica si ottiene una riduzione del 50% ed oltre dei Solidi Volatili (SV) alimentati.
Oltre al biogas, il processo di digestione anaerobica produce un materiale semitrasformato stabile palabile o pompabile rappresentato dal residuo della biomassa digerita chiamato digestato – per il quale è necessario prevedere una fase di finissaggio con maturazione aerobica (post-compostaggio) che garantisca il completamento della fase di stabilizzazione della componente organica.
Se il digestato viene sottoposto a post-compostaggio (fase di maturazione aerobica) può trovare spazi di applicazione anche in giardinaggio, vivaistica in vaso ed in terra, semine di prati, ecc. e può essere liberamente impiegato e commercializzato come “ammendante compostato” sulla base del disposto della Legge 748/84 sui fertilizzanti.
Fino ad oggi i due processi anaerobico ed aerobico sono stati visti e considerati come soluzioni non integrate ma contrapposte, mentre oggi si sono sviluppati processi innovativi che consentono di trattare il materiale umido separando la fase liquida da quella solida: la prima può essere avviata ad un processo che ha come risultato intermedio la produzione di biogas e finale la produzione netta di energia, la seconda invece può essere utilizzata per la produzione di compost di qualità. In tal modo i due processi si integrano e si consolidano, con benefici economici notevoli.
Se nel compostaggio il bilancio idrico può essere nullo (ed in genere c’è necessità di ulteriori prelievi dalla rete per compensare l’evaporazione progressiva dal sistema), nel caso della digestione anaerobica è necessario considerare la gestione delle acque reflue.
Da un punto di vista strategico, dunque, la necessità di trattamento delle acque di supero da digestione anaerobica richiede una buona integrazione tra sistemi di trattamento delle acque e quello dei rifiuti: in effetti a livello nazionale ed internazionale le situazioni più favorevoli sono quelle in cui gli impianti di depurazione dei reflui civili e/o industriali e quelli di trattamento degli scarti organici fanno parte di una unica gestione di impresa o di una strategia integrata pubblica di gestione ambientale.
8 – Una politica pubblica è necessaria ed essenziale per incrementare una domanda qualificata che sappia facilitare la crescita di un’altrettanta qualificata offerta di prodotti ad alto valore tecnologico e innovativo così favorendo e accelerando una riqualificazione del sistema produttivo.
E’ necessario diffondere il metodo degli acquisti verdi “Green Public Procurement” (GPP) nelle procedure di acquisto di beni e servizi, per indirizzare la scelta su prodotti e beni a ridotto impatto ambientale, meno inquinanti, meno dannosi per la salute rispetto a prodotti tradizionali, in modo da ridurre l’impatto delle diverse attività sull’ambiente e nel contempo incrementare la domanda dei prodotti verdi per spingere le imprese a produrre beni con migliori prestazioni ambientali.
Noi proponiamo di muoverci dentro un progetto integrato, dentro una strategia complessiva che coinvolge il settore ambiente, ricerca, formazione, attività produttive. C’è bisogno di promuovere una ricerca sulla “chiusura del ciclo” che cerchi di far rientrare nel circolo produttivo la maggior quantità possibile di rifiuti con il minor costo e il minor impatto ambientale in modo tale da stimolare la nascita, la crescita e lo sviluppo di una filiera industriale di valorizzazione delle materie prime seconde differenziate.
E’assolutamente impossibile pensare di portare avanti questa azione in modo separato da tutto il resto. E’ necessario sviluppare la filiera industriale ed innovativa del recupero e riciclaggio e contestualmente mettere in campo le diverse buone pratiche di riduzione dei rifiuti e di educazione ad un consumo consapevole. O tutto questo procede insieme, in modo integrato e progressivo, o altrimenti ogni azione separata è destinata a non produrre quel salto di qualità e di civiltà oggi necessario.
La riduzione alla fonte della produzione è la strada maestra, va integrata con le nuove tecnologie che consentono ulteriore recupero di materia dal cosiddetto “secco-indifferenziato”, costituito in gran parte da materie plastiche non omogenee che trattate possono divenire materia prima/seconda per l’industria manifatturiera e delle costruzioni.
Sel chiede che sia praticata una separazione dei flussi di rifiuti urbani e speciali, con sistemi di raccolta domiciliare e che ci sia una severa limitazione dell’assimilazione.
E’ necessario riportare sotto il controllo del servizio pubblico anche il flusso separato dei rifiuti speciali attraverso una raccolta differenziata alle imprese coperta da una tariffa “puntuale” (chi più produce rifiuti più paga), da applicare a tutte le utenze.
E’ necessario arrivare quanto prima alla completa eliminazione di tutti i contenitori stradali in cui è possibile conferire rifiuti in forma anonima estendendo e portando a sistema la RD domiciliare “porta a porta”. a tutte le utenze sia domestiche che non domestiche.
Proponiamo che il gestore del servizio degli RSU gestisca anche la raccolta e la selezione dei rifiuti speciali, con una offerta alle attività produttive di una tariffa con prezzi competitivi e con importo diversificato per materiale.
E’ necessario praticare un sistema efficace di incentivi per usufruire di significativi risparmi sull’ importo della tariffa annuale incentivando ogni buona pratica sul fronte della differenziazione e della riduzione a monte della produzione di rifiuti. Esempio: Consorzio Priula (TV) che prevede un bidone per la RD di carta e cartone ad un costo annuale pari a quasi la metà rispetto al contenitore per il secco non riciclabile; il bidone per la RD dell’organico a metà prezzo rispetto a quella del bidone per carta e cartone.
Con questo modello le attività produttive non si sentiranno più abbandonate a se stesse e alla pericolosissima arte italica dell’arrangiarsi ognuno per proprio conto affidandosi spesso ad un mercato privato in un settore che vede un proliferare di avventurieri strettamente legati con il malaffare che hanno, nel corso degli anni, prodotto dei veri e propri disastri ambientali.
9 – Bisogna mettere a confronto le migliori tecnologie oggi disponibili a livello internazionale per affrontare problemi irrisolti da decenni e che riguardano la grande produzione di rifiuti dei nostri grandi distretti industriali. Problemi che se non risolti rischiano di penalizzare fortemente e di diventare un handicap per la competitività internazionale delle imprese italiane oltre che rappresentare la fonte di danni ambientali spesso irreparabili.
Siamo favorevoli a strutturare ed organizzare un sistema impiantistico integrato di area vasta o regionale ma con una società di gestione industriale pubblica che garantisca una tariffa di conferimento unica per tutti..
La forma giuridica potrebbe essere quella dell’azienda speciale la più coerente con la volontà espressa recentemente dal popolo italiano nel referendum di giugno che ha chiesto, per i servizi di interesse pubblico, una gestione non privatistica sganciata dalla logica del profitto e del mercato.
E’ sicuramente auspicabile una tariffa unica di conferimento agli impianti di area vasta o regionali ma non è praticabile ne sostenibile una tariffa unica per l’intero ciclo integrato compresa la raccolta perché, in un contesto nazionale con standard qualitativi dei servizi ambientali estremamente differenziati, questo penalizzerebbe duramente tutte quelle realtà territoriali che hanno attivato forme virtuose di raccolta e gestione dei rifiuti e che praticano tariffe inferiori. La tariffa unica regionale sarà forse possibile quando sarà generalizzato a livello regionale il nuovo sistema di gestione.
In coerenza con questa impostazione, non possiamo accettare l’idea di un gestore unico per l’intero ciclo integrato dei rifiuti dalla raccolta allo smaltimento.
Il nostro obiettivo è quello di avviare e generalizzare su tutto il territorio nazionale un efficace sistema di raccolta differenziata domiciliare e questo necessita di una articolazione organizzativa e gestionale strettamente legata, radicata e vicina ai territori.
Per questo è necessario mantenere un’articolazione territoriale aziendale a livello di aree geografiche ed amministrative omogenee. In questo campo, il gigantismo aziendale e la lontananza tra il gestore e l’utente, rende impraticabile una raccolta differenziata rispettosa ed adeguata delle diverse specificità territoriali.
Ogni scelta impiantistica nel settore dei rifiuti deve essere presa nella massima trasparenza attivando percorsi di democrazia partecipata decisionale capaci di informare e coinvolgere le popolazioni interessate da eventuali impianti di trattamento o riciclaggio. Rappresentanti dei cittadini devono avere sempre la possibilità di accedere a tutti gli atti e i dati e a vigilare sulla corretta gestione degli impianti.
Questo si rende necessario per vincere la diffidenza diffusa e recuperare da parte dei cittadini, fiducia nelle istituzioni minata da anni di assenza di trasparenza e malaffare.
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