9 aprile 2014
L’audio choc dell’uomo morto a Firenze durante l’arresto
di Maurizio De Giovanni
L`urlo di Riccardo nella notte: mi uccidono
C’è qualcosa di agghiacciante nella colonna sonora di un’agonia registrata daim telefonino, e resa pubblica ieri. I fatti sono questi: nella notte tra il due e il tre marzo, a Borgo San Frediano a Firenze, la quiete viene squarciata dalle urla disperate di un uomo. Si tratta di Riccardo Magherini, 40 anni; un ex calciatore delle giovanili della Fiorentina, un meraviglioso futuro dietro le spalle, come si dice. Vaga in stato confusionale per strada, chis sà quali sostanze ha in corpo, chissà a quale punto della sua discesa all’inferno è arrivato. Le testimonianze raccontano di quattro carabinieri che lo fermano, lo bloccano, lo ammanettano. L’urlo di Riccardo nella notte: mi uccidono Maurizio De Giovanni c’era riferisce di percosse e di violenze, ma l’ispezione del medico legale non rileva segni sul corpo, ecchimosi o fratture. Sta di fatto che Magherini muore, per arresto cardiaco. E muore m mano ai carabinieri che l’avevano fermato. I fantasmi di Cucchi e Aldovrandi si ripresentano inevitabilmente, in contesti come questo; e ferite mai chiuse come quelle della scuola Díaz e dei fatti terribili che si verificarono in quel luogo riprendono a sanguinare. Eppure siamo certi, vogliamo esserlo fortemente, che il comportamento dei militari intervenuti sia stato assolutamente interno alle regole e che nessuna mano si sia alzata su questa vittima del panico e della disperazione: Magherini, sposato e padre di una bambina di due anni, era caduto m depressione dopo la separazione e vagava atorso nudo per la strada convinto di essere inseguito; aveva fracassato alcune vetrine, sottratto un cellulare a un pizzaiolo e, fermata una macchina, aveva costretto la proprietària terrorizzata a scendere. Stava male, malissimo. Le urla registrate testimoniano un immenso dolore, ma anche un fortissimo attac camento alla vita: una vita che il povero Magherini si apprestava a perdere. Saranno le autorità giudiziarie a fare, si spera, chiarezza su questo triste episodio. Ne ha diritto la memoria di un uomo che non c’è più, l’affetto di coloro ai quali era caro, e soprattutto quella bambina con il suo nome che dovrà portare il carico dell’assenza di un padre. Eppure non è questa, la cosa più agghiacciante del buio video trasmesso dai media ieri. La cosa terribile, atroce che emerge da quel minuto o poco più ripreso con un telefonino è l’atteggiamento di chi si trova per caso, in piena notte, con un evento così drammatico sotto casa. Non si vede nulla, m questo video; la notte è profonda, e chi riprende si guarda bene dall’accendere la luce. Si sentono chiare le urla del povero Magherini, vicine, vicinissime. Dice no, aiuto, mi sparano, ho un figlio. Non voglio morire. Sono urla profonde, che vengono dalla caverna buia della disperazione. Sono urla, forse dettate soltanto dai fantasmi che la follia gli metteva davanti agli occhi, che chiedono pietà. Le uria di una vittima al momento del sacrificio. La persona che ha girato video ha preso il telefonino, ha attivato la videocamera, l’ha puntata nel buio; ma non ha acceso la luce, non ha urlato a sua volta per chiedere chi ci fosse in strada, di chi fossero quelle urla. Non è intervenuto direttamente, non ha detto di smetterla, di risparmiare quel ragazzo che, a giudicare dai richiami, stava subendo una violenza. Non è sceso in strada, ne, almeno durante la registrazione, ha chiamato aiuto a sua volta. Non ha fatto niente di niente, il video si conclude, drammaticamente, conia chiusura ermetica della finestra che era stata aperta all’inizio della registrazione. Ho paura, dice quella finestra che si richiude. Non voglio entrara, qualsiasi cosa stia succedendo. Non ho visto niente, non ho sentito niente, pur registrando tutto, nell’eventualità che serva. Non si vede quasi niente, in quel video registrato dall’interno di un appartamento; eppure costituisce una finestra dalla quale si può ammirare, con dovizia di particolari, lo squallido panorama del nostro tempo.
* Comunque la sua vita era in… fuorigioco! Da un bel pò di tempo.
Dio lo accolga nelle Sue braccia e la Giustizia terrena faccia il suo corso.
Speriamo solo che non debba essere catalogato come un altro “Caso Cucchi” o “Caso Aldovrandi”…