“Emì, ma sei convinto di ciò che dici? Una “pizza alla genovese”? E chi la fa?” sono le domande che un mio collega mi pone prima della partenza del treno che entrambi dobbiamo prendere per tornare a casa, dopo una giornata di duro lavoro, vista l’innegabile situazione critica del Trasporto Pubblico Locale in Campania.
“Si, sono convinto di ciò che dico…” è la mia immediata risposta.
Ne sono convinto perché, fra le 19 pizze classiche e le 11 “speciali”, all’accogliente “Hostaria Mediterraneo” di Corso Meridionale a Napoli la propongono al cliente, affezionato o “di passaggio”.
Il locale è stato inserito nella lista dei migliori 5 posti di Napoli dove si mangia bene la “pasta alla genovese”; da cui l’idea, innovativa ed apprezzata, di proporre una “pizza alla genovese”…
Io non so se il grande Roberto Vecchioni, la florida Marisa Laurito, il fascinoso Luca Zingaretti, la sempre-verde Angela Luce, il tenebroso Sergio Assisi l’hanno provata nelle loro visite al locale; io l’ho provata e ne sono entusiasta.
“La cosa principale – mi dice il dinamico pizzaiolo Francesco – sono le 36 ore di lievitazione a cui aggiungere la qualità assoluta dei prodotti adoperati”.
Il dinamico titolare del locale Sandro annuisce a tale affermazione, invitando il cliente alla scelta di una birra artigianale “32” fra l’Admiral, la Nebra e l’Audace, anche se non manca quella intitolata “San Gennaro” di Kbirr e vari vini di estrema qualità.
Oltre alla “pizza alla genovese” molto cliccata è la “calzopizza”, ovverossia ½ margherita e ½ ripieno; un’altra squisitezza è la “pizza Mediterraneo”: provare per credere!
Nel frattempo gli ampi ed accoglienti locali, tinti di chiaro, si affollano di una variegata clientela: c’è il viaggiatore che vuole pranzare prima di prendere il treno (il locale è a pochi metri dalla stazione di Napoli Piazza Garibaldi di Trenitalia), il lavoratore che ha terminato il suo turno, compagnie di studenti universitari, professionisti, coppie e famiglie, turisti…
Il leit-motiv “Fai da mangiare non fare la guerra”, scritto in italiano ed in inglese, riportato un po’ dovunque, a cominciare dalla divisa d’ordinanza del personale, è veramente… messo in pratica dai 2 pizzaioli e dai 2 camerieri del reparto pizzeria della luminosa “Hostaria Mediterraneo”, senza nulla togliere ai cuochi…
Il nasuto Giorgio Gaber e il placido Aurelio Fierro nel 1966 cantavano “…ma tu vulive ‘a pizza”: credo che questa canzone possa sintetizzare musicalmente l’ accogliente “Hostaria Mediterraneo”.
Tutto ciò, come afferma Lejla Mancuso Sorrentino, attenta studiosa della tradizione gastronomica, in “La pizza regina di Napoli”: “è un sole rosso, rovente, che splende e brucia nel piatto, gli occhi si riempiono dei suoi colori, l’olfatto è investito dal suo irresistibile profumo, già la bocca percepisce il suo sapore pieno e voluttuoso, tutti i sensi sono coinvolti in una sensazione di beatitudine nell’attesa del primo boccone. E’ la pizza napoletana.”.
Cosa dire ancora? L’uso di pani speciali offerti durante i sacrifici agli dei è antichissimo; risalirebbe addirittura alle civiltà preistoriche e cosa si offre agli esseri superiori se non il meglio di quello che si ha? All’”Hostaria Mediterraneo” offrono sempre il meglio, anche quando, nell’attesa della pizza o di una qualunque altra pietanza, giunge in tavola il cesto del pane con un… “pane ai friarielli” che è una bontà!
La nascita della pizza, usando una frase fatta, si perde nella notte dei tempi… Non esiste una data precisa di nascita della pizza napoletana ma da censimenti storicamente attendibili risulta che all’inizio dell’Ottocento a Napoli i pizzaioli con bottega erano 68; nel 1871 erano quasi raddoppiati (120), il che significa che sin da allora il mestiere di pizzaiolo era remunerativo ed in continua ascesa e che la pizza era già diventato simbolo della città al pari dei maccheroni…
EMILIO VITTOZZI
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