di Tonino Scala
Per fortuna ci sono le canzoni.
Quelle che ti accompagnano nel silenzio assordante.
Quelle che riempiono vuoti di giorni pieni di cose e fatti che affollano vite e pensieri.
Quelle che per tre minuti non cancellano paure, ma ti isolano dal mondo.
Per me la musica è terapeutica. Lo è sempre stato.
Le canzoni sono per quest’uomo grande e grosso una nimesulide senza effetti collaterali.
L’ho letta così, l’ho percepita così, è arrivata così “Musica Leggerissima”, la canzone che il duo siciliano Colapesce-Di Martino ha presentato al Festival della Città dei fiori di Ponte Persica.
Musica leggera appunto, che mi ha riportato con quel sound semplice e immediato negli anni settanta forse ottanta, inizio novanta.
Gli anni della mia spensieratezza. Quella di un tempo spensierato, leggero, quando la gioventù spendeva negli occhi e in una vita fuggitiva.
È stato un attimo. Solo un attimo.
È bastato il primo fischiettio, poi una musica familiare, una chitarra acustica e…
Ho chiuso gli occhi. Non mi interessava vedere. La mente si è aperta.
La mia capa ha viaggiato, la mia capa, i miei pensieri vedevano cose: mare, prati, pastiere, pizze di pasta, spaghetti agli e olio, asciugamani su selloni di vespe truccate, auto con il tettuccio apribile, spiagge di sera, baci dati e ricevuti, musica ascoltata dai balconi, la Fenech sotto la doccia, il pallone che rotola in strada, un sasso lanciato nell’acqua stagnante, i litrattielli, gli strummoli, le pastore, Maradona, Marcello Prima, i film di Tomas Milian, i concerti di Vasco Rossi, le trasferte, i cornetti di sera…
Avevo voglia di ascoltare, di estraniarmi, di rendere estraneo il mondo che mi circondava.
Quel momento era mio.
Era leggero, mentre il fisico pesante si alleggeriva così come le paure.
Ho iniziato subito a canticchiarla.
“…Metti un po’ di musica leggera/Perché ho voglia di niente/Anzi leggerissima…”
Ormai era già mia. Si era impossessata di me.
Non sono mai stato elitario, non solo nella musica, nell’arte in generale, nella vita.
È arte se ti fa percepire qualcosa, anche se gli altri dicono…ma quanne maie, non capisci niente.
È arte se tocca corde scordate, anche se son solo tue.
È arte anche quando chi la scrive lo fa con leggerezza per liberarsi di peso e tu quella leggerezza la senti.
È arte anche quando con arte, con tecnica, con una costruzione a tavolino chi scrive, lo fa con l’intento di voler suscitare quella reazione.
Non so cosa abbiano fatto Colapesce/Di Martino, non mi interessa.
So solo che in questi giorni quando sto così… e succede spesso in questo tempo un po’ così e pure un po’ cosà, chiudo gli occhi, mi estraneo, penso al fischiettio, alla chitarra acustica interrotta da una chitarra elettrico e canto: “…Metti un po’ di musica leggera/Perché ho voglia di niente/Anzi leggerissima…”
Ho bisogno di musica leggera, anzi leggerissima: e così sia!
* “È una canzone senza titolo
Tanto pe’ cantà
Pe’ fa quarche cosa
Non è gnente de straordinario
È robba der paese nostro
Che se po’ cantà pure senza voce
Basta ‘a salute
Quanno c’è ‘a salute c’è tutto
Basta ‘a salute e un par de scarpe nove
Poi girà tutto er monno
E m’a accompagno da me
Pe’ fa la vita meno amara
Me so’ comprato ‘sta chitara
E quanno er sole scenne e more
Me sento ‘n core cantatore
La voce e’ poca ma ‘ntonata
Nun serve a fa ‘na serenata
Ma solamente a fa ‘n maniera
De famme ‘n sogno a prima sera
Tanto pe’ cantà
Perché me sento un friccico ner core
Tanto pe’ sognà
Perché ner petto me ce naschi ‘n fiore
Fiore de lillà
Che m’ariporti verso er primo amore
Che sospirava le canzoni mie
E m’aritontoniva de bucie
Canzoni belle e appassionate
Che Roma mia…”
cantava il grande Nino Manfredi, quasi a sottolineare tutto quello che il sensibile ed arguto Tonino Scala ha affermato nelle sue godibilissime esternazioni…