Una bella recensione tratta dal Quotidiano il Roma del 4 settembre
“BUONA FINE E… BUON PRINCIPIO” DI TONINO SCALA
Napoli come New York… nell’ultimo giorno dell’anno
Nel libro “Buona fine e… buon principio” di Tonino Scala (Centoautori Editore) l’incipit è una similititudine tra Napoli e New York, la sporcizia le accomuna, scrive l’autore, insieme al fatto che la gente, nonostante tutto sembri felice, a Napoli solo apparentemente. Infatti man mano che la storia prende vita e i protagonisti oltrepassano la barriera delle pagine per quanto sono veri, vibranti, ci si accorge che è palpabile la consapevolezza dell’autore che non è così. Ognuno di loro si dibatte nell’eterno “tirare a campare”, mentre fa da sottofondo con un ritmo incalzante la musica, non quella dei grandi autori, piuttosto quella dei neomelodici come Alessio o quella di Nino D’Angelo, la cui frase “Nu napulitano nun è sempe allero, nun le baste ‘o sole, tene troppe penziere. Dint’ ‘a chesta gara parte sempe areto, corre tuut’ ‘a vita e ‘o traguardo è ‘na barriera”, è il tema conduttore di tutto il libro. È la musica lo sfondo di molte vicende, quella che si sente a volume assordante nei bassi e nelle case popolari, quella che ascolta Romilda preoccupata dalle malelingue, Luigi lo spazzino, che inizia una nuova giornata sulle le note di “Settembre” di Peppino Gagliardi. Tanti intrecci, tante vite, il cuore pulsante della città, energia pura, tra le zone disagiate come il “Bronx”, o del centro o della provincia fino a Castellammare di Stabia. Alta densità di popolazione ed alta densità di emozioni, linguaggio crudo, a tratti grossolano, mai greve ci riportano l’atmosfera di un luogo unico nelle espressioni come pure nelle imprecazioni. Napoli, pervicacemente attaccata ai riti ed alle tradizioni, l’anno nuovo non inizierebbe coi dovuti auspici senza gli struffoli, il baccalà fritto, pietanze alacremente preparate da Arturo. Si percepisce dall’inizio alla fine del libro, lo struggimento dell’autore verso questo luogo pieno di magia, superstizione, piccole e grandi paure e grandi contraddizioni. Da ogni rigo traspare forte non la rabbia, e forse neanche la rassegnazione, quanto l’atteggiamento bonario, quasi paterno verso una città certo tanto amata. Tutto in una notte era il titolo di un film, e tutto accade ad alcuni dei protagonisti nella notte tra la fine del vecchio anno e l’inizio del nuovo, problemi quotidiani e disavventure che ovunque si verificano ma a Napoli assumono una connotazione tragi-comica, oltre al danno la beffa, si direbbe, come nella vicenda di Lelluccio a cui il furto dell’amata autovettura rischia di rovinare l’inizio del nuovo anno, trovandosi davanti alla difficoltà pure di denuciare la sottrazione della stessa ad un carabiniere annoiato. Tra gli immancabili fuochi d’artificio, l’anno è appena iniziato con Rosa che piange sul corpo esanime di Marco, mentre invece c’è ancora chi può permettersi di sognare come Luana. È il fascino di questa città, tutto cambia e tutto resta sempre uguale.
Maria Elvira Ferrara
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