Rubo il titolo ad una canzone di Albano perchè è la profonda, diffusa sensazione quando incontro mia madre… L’anno scorso, ottantaseienne, autonoma, in grado di governare ancora una propria casa, di cucinare, di cucire, di leggere un libro “Harmony” a settimana. Poi cade procurandosi varie microfratture inoperabili che la costringono immobile a letto per molti mesi. Grazie all’Onnipotente, riesce ad alzarsi, ma non è più in grado di essere autosufficiente. Mio fratello riesce a trovare una più che dignitosa struttura a dimensione familiare dove si trova attualmente. Mamma sta bene; è insieme ad altre persone della stessa età, con gli stessi problemi psicofisici. Io le telefono tutti i giorni e quando sono di riposo dal lavoro la vado a trovare: la faccio parlare con parenti ed amici, in modo da tenerle la mente allenata, visto che non vuole più leggere ma solo vedere la televisione con Barbara d’Urso, Cristina Parodi, Maria de Filippi, ecc. ecc…. Ricorda ancora tutto del passato, ma ha gravi carenze a ricordare ciò che ha mangiato solo il giorno prima o chi le ha telefonato. In due ore circa di chiacchierate, pone più volte le stesse domande. E’ serena, ma dopo quest’arco di tempo, vuol rimanere sola nella sua stanzetta a vedere la televisione o parlare con le altre donne. Non chiede mai nulla, ringrazia sempre per ciò che le porti: il panettone, la calza, la colomba del CRAL della Circumvesuviana, i taralli o la cioccolata che aggiunge ai dolci che le offrono in casa… Le brillano gli occhi solo quando parla del suo amato Mario, mio padre morto troppo presto, lasciandola vedova a soli 42 anni… In tutta sincerità, cerco di esserle vicino quanto più è possibile, di persona e con il telefono; ma sono invaso da una sola sensazione, una nostalgia canaglia… EMILIO VITTOZZI
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