“Nu juorno buono”

di Tonino Scala

Il Napoli ha pareggiato, Swansea – Napoli 0-0: finisce a reti bianche tra i gallesi e i partenopei. Per come si era messa la partita, meglio così. Un grande Pepe Reina ha salvato più volte la porta napoletana. È una partita di coppa, un pareggio in Galles, senza subire reti è comunque un buon risultato. È tardi, domani si va a scuola, non io(peccato), ma i miei figli. Devono andare a dormire e subito. Sono lì sul divano. Giovanni tifosissimo del Napoli non guarda il dopopartita è sintonizzato su Sanremo, il Festival. Pippo gli fa compagnia. Strano. Faccio il padre “ragazzi jamme ja, a dormire domani alle 7 c’è la sveglia”. “Ma c’è Rocco Hunt” afferma Pippo. “Rocco chi?”, “Papà, ma è Nu Juorno Buono” aggiunge Nanni. “ È Nu Juorno Buono? Ma se sta piovendo a dirotto?” “Sei proprio vecchio” il coro dei due mostriciattoli.  Trovo un accordo, si vede Sanremo ma nel letto, lo vediamo insieme. Arriva Rocco, Hunt come lo chiamano loro, di fatto si chiama così, un ragazzino di diciannove anni, classe 1994. Una faccia fresca, uno scugnizzo napoletano anche se è di Salerno. Si sa, dopo il Garigliano è tutta Napoli! Inizia a cantare. Bello, rompe lo schermo, rompe le mie lacrime. “Nu juorno buono”, un brano ispirato alla Terra dei fuochi, un brano con una dedica speciale come ho letto sul giornale questa mattina, ai due lavoratori del Consorzio Unico di bacino delle province di Napoli e Caserta che con la loro protesta hanno movimentato l’avvio della prima serata del Festival. Il ragazzo tiene il palco, sembra un professionista, lo è. Canta, vomita rabbia e speranza, la speranza di, appunto, “Nu juorno buono”. Nanni e Pippo dormono, è passata la mezzanotte e Rocco Hunt canta, manifesta, un grande “Fiume in piena” in Eurovisione. Provo a svegliarli ma…nulla da fare. Non stacco gli occhi dal video, il mio Sanremo l’ho già vinto. Un pezzo pieno di speranza “Questa mattina per fortuna c’è un’aria diversa. Il sole coi suo raggi penetra dalla finestra. Quant’è bella la mia terra. Mi manca quando parto. Porto una cartolina di riserva”. Bella nonostante tutto, la bellezza degli occhi e del cuore, la bellezza dell’amore, la grande bellezza che noi tutti abbiamo nel nostro io quando affermiamo tiempe belle e ‘na vota! “Nu Juorno Buono” parla della nostra terra, del nostro popolo, della nostra gente, delle nostre origini, del nostro dialetto, del nostro accento. Poi la denuncia, il vomitare parole, tipico di noi arrabbiati contro tutti e contro tutto” La strage dei rifiuti. L’aumento dei tumori. Siamo la terra del sole. Non la terra dei fuochi”, e ancora “Questo posto non deve morire. La mia gente non deve partire. Il mio accento si deve sentire”. Andrebbe scritto un trattato su questa frase: il mio accento si deve sentire. L’orgoglio, l’amor proprio, il rivendicare il proprio accento…bellissimo! Ma non finisce qui “Questa mattina per fortuna la storia è cambiata. Vedo la gente che sorride spensierata. Non esiste cattiveria. Si sta bene in strada. Il mondo si è fermato. In questa splendida giornata.” La speranza di vedere un giorno nuovo. La speranza che i miei figli, (e credo, spero non solo) hanno visto in queste parole. Le parole di un giovane, uno come loro che sogna “Dimentica di andare fuori per lavoro. Le nuove aziende fioriranno nel tuo territorio. Dimentica le banche, li presteremo noi a loro. Zero padrone, gli ruberemo il trono”. Un giovane che non vuole partire, che vuole restare per cambiare. Devo ringraziare i miei figli, devo ringraziare questo giovane ragazzo, un rapper, non un cantautore, ma un nuovo giornalista che scrive un editoriale accessibile a tutti perché racconta la cronaca e la speranza in rima baciata e alternata. “E’ nu juorno buono, stammatina m’a scetate ‘o sole, l’addore ro’ cafè, ‘o stereo ppe’ canzone. A quanto tiemp’ cca nun steve accussì, ogni cosa accumence pecchè poi adda fernì…”. C’è un tono di speranza, di rivalsa. Ogni cosa accumence pecchè poi adda fernì… Ogni cosa ha un inizio e una fine, che dire se non Silenzio…canta Napoli.

 

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