111 bare, un cuore su quelle dei bambini, ma i morti, si i morti, sono 363. Immagini raccapriccianti, che prendono a pugni l’animo. Che lasciano interdetti, senza parole. 111 bare e il circo mediatico continua il suo show: liti, provocazioni sul sangue di chi ha sognato ed è morto. A che ora è la fine del mondo! Tra poco, ce lo diranno e continueranno a litigare sull’orario, un minuto prima, un minuto dopo, mentre il mondo crolla. 363 morti a Lampedusa terra di confine. Confine tra due mondi. Confine per chi sogna, chi sogna nuovi mondi. Scappare per trovare la morte e chi non l’ha trovata, chi si è salvato, è stato indagato. Indagato perché clandestino. Clandestini… ma chi sono i clandestini in un mondo, una società che fa vivere in clandestinità chi soffre, che cancella una parte di questa terra, la cancella dal mappamondo per poi utilizzarla quando gli fa comodo. Clandestino lo sono anche io, lo sono quelli che pensano che il problema di un fratello nero, bianco, giallo sia anche il mio problema. Clandestini sono anche quei cittadini che urlano da anni, quei cittadini che lottano per difendere la propria terra. Poi spuntano i riflettori, a Lampedusa come a Caivano, Giugliano, Casal di Principe e quelle cose che tutti sapevano, media compresi, compaiono. Silenzio, serve silenzio, quei morti, che sono anche i nostri morti. Sono i morti dell’indifferenza che domina. Sono morti come sono morti quelli che camminano su una terra avvelenata dall’odio e dalla cazzimma, dai rifiuti tossici, da chi mette al centro il denaro, solo ed esclusivamente i denaro, da chi alimenta le paure, da chi ci arma con il randello contro chi ha più fame di noi. Figli di quella globalizzazione dell’indifferenza così come ci sta insegnando Papa Francesco. Ma quanto vale una vita. Quanto costa la vita. La vita non ha costo, costi quel che costi. Se a Lampedusa ‘o mare è ‘nfuse ‘e sangue, ad Acerra, a Giugliano, a Terzigno, a Casale, a Caivano la terra sta generando morte e sangue… quei morti non ci faranno dormire.
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