Un libro che ha più di trent’anni che sembra scritto ieri. Sto parlando di Scende giù per Toledo del compianto Giuseppe Patroni Griffi. L’ho scoperto per puro caso. Ero con il mio amico Gaetano Amato a Radio Marte. Un saluto ed un ringraziamento a Fabiana Sera la bella e brava animatrice di “day by day” un programma che tiene compagnia ogni ogni giorno gli amici marziani dalle 6 alle 9. Qualche giorno prima aveva allietato una mia presentazione di Buona fine e buon principio con le sue letture. Un’intervista con il mitico Peppe Varriale e un saluto a Gianni Simioli che proprio in quel momento suggerisce un libro ad un suo amico ospite. “Non hai mai letto Scende giù per Toledooo, te lo regolo, devi assolutamente leggerlo”. Questa cosa mi incuriosisce. Quando si parla bene di un libro, è perché ti è entrato dentro. Lo cerco lo trovo ed eccomi qui a parlare di “Scende giù per Toledo” edito da Dalai editore. Gran bella opera di Patroni Griffi proprio un felice romanzo. Libro che ha visto la sua prima pubblicazione con Garzanti nel 1975 (nel 1990 la prima ripubblicazione con il medesimo editore). Scende giù per Toledo è la storia amorosa del femminiello Rosalinda Sprint, minacciata dal padre perché “ricchione” e quindi da rinnegare. Rosalinda e le sue amiche Marlene Dietrich, Maria Callas, Sayonara, Viacolvento e Maria Stuarda insieme a Faccemerda animano questo mondo borderline delle notti in litoranea. Vero, scanzonato, profondo ed irriverente, tra azioni sguaiate, grazia e ironia, come avviene nell’ incontro con il sergente Jack Cataratta, c’è sempre la ricerca dell’amore. Un libro che è la ricerca spasmodica dell’amore senza se e senza ma. Bella la figura di Rosalinda Sprint. Cacciata di casa passa da una camera all’altra finché prende una stanza a Montecalvario, al centro dei quartieri spagnoli, frequenta altre travestite, qualcuna amica ma perlopiù rivali apprende da loro i segreti del “mestiere” e comincia la sua carriera. I primi tempi non riesce a vincere la ripugnanza di compiere i gesti, gli atti dell’amore con uomini che non le piacciono, ”nel suo intimo c’è una sorta di delicatezza – nessuna volgarità – per cui sente il peso della prostituzione”. “Tu pensa a un altro”, le ha detto Sayonara: “Pensa a chi ti ha fatto godere”, “ti credevi che nella vita è permesso solo ciò che piace? Non sarebbe vita, sarebbe paradiso”. E Rosalinda Sprint cerca di adeguarsi, ma continua a sognare l’Amore con la A maiuscola. Continua a cercare l’amore e nulla più. Rosalinda è tutto sommato una romantica cerca l’amore, sbaglia e risbaglia sempre. Crede di trovare l’uomo della sua vita nel maschio che la disprezza, come fanno il cugino Gennaro o il cliente occasionale, “bruttochepiace”, che non le dice nemmeno come si chiama: “‘Chiamami Gaetano’. Non ha voluto dare il suo nome. Chiaro”. Il fatto è che a Rosalinda Sprint piace il maschio maschio, quello che ha il diritto di pretendere, che non deve chiedere mai, quello a cui ci si dà e basta. Così quando Gennaro, dopo aver fatto sesso con lei, disprezzandola la deruba, lei corre al balcone, ”lo vede uscire che si sta infilando ancora i soldi in tasca. Attraversa la strada e scompare come un ladro. Magnifico”. E di fronte a Gaetano che l’ha maltrattata e volgarmente ridicolizzata, “non prova nessun odio. Dovesse confessare, improvvisa attrazione, si farebbe fottere là in macchina sotto palazzo Reale. Che faccia virile”. Bella, innocente e puttana, romantica e trasgressiva, Rosalinda Sprint. Disarmante con la sua vitalità e la sua innocenza. Sopporta tutte le umiliazioni che il mondo le riserva. Un mondo che la tollera e la disprezza, la usa e la getta via, perché lei legge la realtà come se fosse un suo film e il lettore, stregato dai suoi monologhi esilaranti e surreali, dalla sua sublime stupidità, la segue affascinato per Toledo e la Litorania, per via Partenope e per i vicoli di Napoli fino alla grande isola d’Inghilterra, “terra promessa dell’amore” dove dovrebbe coronare il suo sogno di farsi “forestiera” e vivere col sergente Jack Cartwright (“illeggibile, impronunciabile, irricordabile” e che lei chiama napoletanamente Jack Cataratta). Jack però l’ha pregata di essere discreta, perché a Londra ha moglie e figli. Anche Marlene Dietrich le ha detto che “l’esagerazione è sempre da evitare”, ma lei non sa proprio contenersi e quando è pronta a scendere dalla nave, con il suo mantello color cannella su cui svetta l’immenso collo rigido alla Maria Stuarda, “e in cima a tutto, corona di regnante, una parrucca bionda da strabiliare”, i suoi sogni si infrangono miseramente sulle bianche scogliere di Dover investite da tremende raffiche di vento. Un mondo surreale ma vero quello dei femminielli napoletani che vivono in questo bel libro. Un mondo fatto di eccessi e di tanta verità e tenerezza. Un mondo a colori che vive in bianco e nero. Un mondo da evitare di giorno, alla luce del sole, quando gli altri vedono. Un mondo non solo da frequentare ma da vivere in modo intenso nella profonda notte, lontano dagli occhi indiscreti. Tipico della borghesia italiana e napoletana! Gennaro, Gaetano e Cateratta come lo chiama Rosalinda, tre uomini tre amori diversi. La ricerca, si la ricerca dell’amore, non di un amore ma dell’amore. Quello che ti fa perdere la testa, quello che ti fa battere il cuore, quello che solo tu puoi capire. Il viaggio verso Dover in treno, poi in battello, da leggere, romantico, bello, trasuda malinconia ed odi et amo verso la bella Partenope, altro non è che il viaggio verso l’amore. Belli i monologhi, i soliloqui, le scenate di Rosalinda Sprint, sanguigni, profondi, irriverenti, talvolta sguaiati, viscerali, veri, simpatici, tragici, insomma ricchi di ilarità e dramma in un mondo che è un po’ il nostro mondo. Patroni Griffi è riuscito a cogliere dietro l’esagerazione e la sguaiata teatralità, l’intima verità, la grazia e l’umanità della città di Napoli e di un mondo quello dei travestiti napoletani e non solo.
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