Song ’e Napule mi ha preso e non mi vuole lasciare. Ho visto questo film con mio figlio Pippo, dieci anni il cucciolo di casa Scala. A distanza di giorni continua a cantare “Song ‘e Napule”, a chiamarmi Lollo Love e ad autodefinirsi Pino Dinamite. La cosa ha incuriosito non poco tutti gli altri componenti della famigliola e dopo qualche giorno son dovuto ritornare in sala con tutti al seguito! Siamo usciti dalla sala cinematografica canterini, con la voglia di rientrare sederci e rivederlo.
“So, so, Song e Napule so so…” È questo il motivetto con il quale mi sono svegliato alle sette di una triste domenica autunnale: meno male che ci sono le canzoni!
Un tormentone che entra e non ti lascia: bravi i Manetti bros per questa pellicola. Al centro il mondo neomelodico, non come abbiamo imparato a conoscerlo. È la prima volta che una pellicola, un libro o un articolo di giornale faccia vedere l’altra faccia di questo fenomeno di massa. Chi è abituato a vedere il cantante napoletano come fiancheggiatore di latitanti, boss, omminicchi e quaquaraquà, non vada a vedere questo film, rimarrebbe deluso. Un bel film che sta riscuotendo un notevole successo da parte della critica e del pubblico. Una pellicola che segue la scia del poliziesco italiano anni 70 in chiave moderna, una sorta di omaggio a quello che sono stati i polizieschi di Corbucci, Thomas Milian, Maurizio Merli. Un lungometraggio pop-poliziesco-ironico ben riuscito, costruito nel solco della storia cinematografica di genere che ha formato tanti registi americani come Quentin Tarantino, con varianti che rivitalizzano quei tanti film che ancora vediamo sulle reti locali. Grottesco quanto basta, ironico, musicale, di quella musica che resta e ti fa svegliare in una tranquilla domenica autunnale di buon umore.
“So, Song ‘e Napole, so, so…” è diventata la colonna sonora della famiglia Scala, insieme con altre canzoni tutte presenti nel film in questione, alcune scritte da Franco Ricciardi, altre che fanno parte del panorama neo melodico che chi vive da queste parti conosce bene, la colonna sonora dei vicoli napoletani, che accompagnano in modo magistrale il lungometraggio in questione. Ma la canzone che non mi lascia è altra: a verità. Il pezzo racconta la storia di un camorrista che chiede redenzione. Canzone con la quale Franco Ricciardi ha ritirato il premio per la miglior canzone originale dell’anno cinematografico. Strano a dirlo, ma la crisi sta aiutando il nuovo cinema. Il basso budget sta facendo venir fuori una gang di registi di tutto rispetto di cui sentiremo parlare al lungo. Veniamo a “Song e Napule” la pellicola che ha ricevuto non pochi riconoscimenti ai David di Donatello, una bella fotografia, azione a go go, risate, musica come ho già detto, pochi luoghi comuni su Napoli anzi tutti rivoltati come un calzino. Un bel cast con Alessandro Roja, Giampaolo Morelli, Serena Rossi, Paolo Sassanelli, Carlo Buccirosso, Peppe Servillo, Antonio Pennarella, Juliet Esey Joseph, Ciro Petrone, Franco Ricciardi, Ivan Granatin. Da segnalare la bella interpretazione del protagonista è di Serena Rossi che abbiamo imparato ad apprezzare con un posto al sole. Un pianista disoccupato che la madre ha raccomandato al Questore Vitali, inabile viene arruolato, il suo nome è Paco Stillo. È assegnato alla scrivania e al deposito giudiziario. Scoperti per caso la sua attitudine alla musica e il suo talento per il pianoforte, Paco passa in prima linea partecipando, suo malgrado, a una delicata operazione di polizia finalizzata a catturare Ciro Serracane, temibile e temuto killer della camorra. Saputo del recente matrimonio della figlia del boss di Somma Vesuviana, cui Serracane parteciperà, il commissario Cammarota ordina all’agente Stillo di infiltrarsi nel gruppo musicale di Lollo Love, celebre cantante neomelodico napoletano, assoldato dal boss per allietare le nozze della robusta sposa. Abbigliato come un coatto e costretto a suonare l’inascoltabile, Paco affronterà con poco entusiasmo ma grande professionalità entrambi i ruoli. Non vi resta che vederlo a me non resta che continuare ad ascoltare i miei figli che continuano a cantare: “ So, So, Song ‘e Napule, so, so …”
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