Hanno chiuso il San Leonardo e non ce ne siamo accorti!
Non è una provocazione è un’amara constatazione. Gli altri ospedali vedi Scafati, vedi Torre del Geco sono stati chiusi. A Castellammare il nosocomio è aperto ma è come se lo avessero chiuso e questo, è ancora più grave. Una politica di sanità pubblica dovrebbe essere quello di promuovere il benessere sanitario individuale e collettivi, garantendo a tutta la popolazione un accesso equo alle informazioni, alle prestazioni e ai servizi (di prevenzione, di diagnosi, di cura e di riabilitazione) adeguati ai bisogni sanitari, il tutto a costi sopportabili per l’individuo e per la società, tenuto conto delle risorse disponibili. A Castellammare hanno di fatto cancellato tutto questo. Lo hanno fatto in silenzio, in sordina te ne rendi conto solo quando hai a che fare con la struttura. Assurdo.
Negli ultimi tempi, abbiamo registrato anche il trasferimento della struttura di endoscopia la mancata funzionalità di altre attività chirurgiche necessarie come quelle vascolari, oncologiche ed ambulatoriali. A queste sono da aggiungere la mancata funzionalità dei reparti di ortopedia e di neurochirurgia. Per non parlare dell’oculistica.
In parole povere, la dirigenza, o parte di essa (generale e non) sta, proditoriamente, “eviscerando” l’ospedale S. Leonardo riducendolo a mera “infermeria” di antica memoria, nonostante l’esistenza di ben due strutture di alto livello nosocomiale (cui prodest?). comprendo il deficit anche se andrebbe realmente capito perché è accaduto questo. Ma possibile che la sanità debba essere considerata solo un costo? Dietro ogni taglio c’è un servizio in meno agli utenti che in sanità si chiamano ammalati.
È arrivato il momento di dire basta alla sistematica smobilitazione di un presidio che per il passato era considerato l’ospedale pilota della regione Campania. Il “S. Leonardo” è ormai ridotto a macerie dal punto di vista della “diagnosi e cura”; delle camere operatorie ed “igienico-organizzativo”, tanto è vero che i direttori sanitari che vengono nominati, dopo essersi resi conto delle reali ed effettive condizioni, scappano, come sembra abbia fatto l’ultimo in ordine di tempo.
Altri presidi sanitari da analizzare, sono i distretti, nei quali, tra l’altro, si verificano file agli sportelli e vi sono liste di attesa incomprensibili e dove non è più possibile eseguire una mammografia che è un esame necessario per la prevenzione del tumore al seno.
Dulcis in fundo, si ritiene di dover richiamare, in modo particolare, ulteriore attenzione sul centro direzionale di via De Gasperi n. 165 che dall’ultimo accorpamento (ASL NA 5 ed ASL NA 4) è diventato “il cimitero degli elefanti” atteso che i dirigenti ed i funzionari di un certo rilievo (e capacità), sono stato destinati presso la vecchia direzione del comune di Nola che opera ancora come se fosse l’azienda autonoma NA 4. La direzione generale dell’ASL NA 3 sud è ormai svuotata ed in “balia delle onde” tanto è vero che, a quanto è dato conoscere, s’incontrano difficoltà ad assegnare l’incarico di dirigente della gestione risorse umane (che è un U.O.C. di prestigio e strategica per la funzionalità dell’azienda).
Lo stabilimento di Gragnano, poi, brilla per il silenzio che impera negli spazi costruiti per ricoveri e prestazioni ambulatoriali di prevenzione, cura e riabilitazione.
Non si può e non si deve consegnare questa ulteriore denuncia alle solite comunicazione di ufficio che lasciano il tempo che trovano e sortiscono risposte scritte dagli stessi dirigenti medici ed amministrativi responsabili dello sfacelo che impera, serve una Commissione d’inchiesta per capire che cosa sta succedendo in un’aria di particolare interesse regionale, ove non è mai stato stilato un progetto di assestamento, di riordino, ovvero di rilancio della sanità territoriale, ne si è mai proceduto alla verifica dei risultati degli incarichi assegnati ai dirigenti medici ed amministrativi, come prevede la legge, ma, al contrario, le relazioni del singolo operato, a quanto è dato sapere, vengono redatte dagli stessi dirigente sottoposti alla valutazione, ovvero, da colleghi che le compilano con il loro apporto (il controllore ed il controllato in un’unica persona!).
Eliminare (o ridurre) le prestazioni è una politica fallimentare perché fa aumentare sempre di più la domanda sanitaria e sociale che prima o poi bisogna soddisfare.
Bisogna neutralizzare gli incapaci (ed i ladri) attraverso effettive verifiche dei risultati (anno per anno ed alla fine dell’incarico) che non devono essere affidate ad operatori che non hanno il senso delle istituzioni e dello Stato.
Occorre mandare a casa chi viola il “sinallagma contrattuale” che si verifica quando un dipendente non eroga la propria prestazione e riceve la controprestazione (stipendio ed indennità varie).
Tale licenziamento trova giusta causa nell’”inadempimento contrattuale”.
Si è pensato a tutelare e a premiaare non il merito ma gli amici. Meglio l’amico che la professionalità. Questo è accaduto con la cancellazione della norma che vedeva anche la mia firma e quella di Angelo Giusto. Legge che introduceva criteri strettamente meritocratici per la nomina dei primari ospedalieri attraverso un concorso pubblico per titoli ed esami. Invece il consiglio su proposta di Caldoro è arrivato alla cancellazione tout court dell’art. 5 della legge regionale 3 del marzo 2006. In questo modo si trasmette un messaggio sbagliato. Prima di abrogare la riforma del 2006, sarebbe stato meglio sperimentarne l’attuazione.
E’ arrivato il momento di fare piazza pulita degli incapaci e premiare persone altamente qualificate e rispettose delle istituzioni nelle quali vengono chiamate ad operare e bisogna farlo subito perché è già molto tardi.
Purtroppo è sempre difficile trovare il confine tra servizio pubblico indispensabile e conti in ordine, quello che dovrebbe prevalere però è senz’altro la prima condizione.