di EMILIO VITTOZZI
Non ho mai avuto simpatia per il cosiddetto “terrorismo rosso” (Brigate Rosse, Nuclei Armati Proletari, ecc. ecc.), nè tantomeno per quello definito “nero” (Nuclei Armati Rivoluzionari, Ordine Nero, ecc. ecc.), ma non mi sono mai cimentato nella lettura di libri scritti da Vittime innocenti di terrorismo o inerenti costoro.
E’ il 1969 quando la strage di Piazza Fontana divide e spaventa l’Italia, considerato l’alto numero di vittime innocenti.
E’ l’inizio degli “anni di piombo”, dell’attivismo politico eversivo delle Brigate Rosse e delle stragi terroristiche.
Il Commissario di Polizia Luigi Calabresi partecipa agli interrogatori sulla bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, durante i quali uno dei sospettati, l’anarchico Giuseppe Pinelli, ferroviere, muore cadendo da una finestra.
La campagna mediatica contro Calabresi, considerato responsabile della morte di Pinelli, porterà al suo assassinio il 17 maggio 1972 ad opera di gruppi armati dell’estrema sinistra.
Il figlio Mario Calabresi, giornalista, ripercorre in queste 131 pagine tutto quello che accadde dopo: i vari processi, le condanne, le grazie, la vita spezzata della sua famiglia, il tentativo di non dimenticare un uomo morto per gli ideali altrui.
Passando da alcuni episodi di vita privata, prima e dopo l’omicidio, a momenti di vita pubblica, da un governo all’altro, Mario Calabresi ci racconta la tragedia di tutte quelle famiglie che negli anni del terrorismo persero i loro cari.
Cerca di capire i meccanismi di quel decennio e colleziona articoli di giornale, foto, interviste, unendo la sua storia a quella di tante altre: come quella di Antonio Custra, poliziotto ucciso nel 1977 mentre prestava servizio durante una manifestazione di piazza (la cui famiglia è ancora amica di quella di Giuseppe Di Martino, dinamico ed affabile titolare della tabaccheria situata nella stazione di Napoli Porta Nolana!).
Uccisi perchè?
Per il sogno di un gruppo di esaltati che volevano fare la rivoluzione, senza rendersi conto che i veri “figli del popolo”, come li chiamava Pier Paolo Pasolini, stavano dall’altra parte, erano proprio i bersagli della loro follia.
Ma c’è un modo insopportabile di coltivare la “memoria”, commemorazioni in cui, per ore, si ripetono riti burocratici di una noia irritante: ringraziamenti barocchi, profluvi di aggettivi del tipo “barbaramente colpito nel fiore dei suoi anni da vile mano assassina”.
Ci vorrebbe una sensibilità diffusa perchè manca un sentire collettivo…
Il dolore rimane solo ed esclusivamente alla famiglia e agli amici più cari!
Ma agli Operatori di Pace, agli “Uomini di buona volontà”, ai sinceri Democratici ed Antifascisti non spetta che un posto: stare dalla parte delle Vittime innocenti, senza se e senza ma!!
Perchè i bui “anni di piombo” non tornino mai più e le Vittime innocenti di terrorismo non siano mai dimenticate!!!
Mario Calabresi
“Spingendo la notte più in là”
Mondadori
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