di Tonino Scala
Ebbene sì, è tutta colpa di Gianni Morandi se sono qui, così, come mi vedete. Tutta colpa sua. Non vi servono altri indizi: l’imputato è lui. Mi confesso, non sono matto, lo giuro. La verità è che mio padre, da giovane, era la copia sputata del caro Gianni nazionale. E forse, anzi no, è certo: è stata proprio quella somiglianza a far innamorare mia madre di lui.
Mamma ha sempre adorato Gianni, fin da quando Canzonissima animava le serate d’Italia e a casa sua si scatenavano le battaglie (innocue, si fa per dire) tra lei e nonno Catello. Nonno tifava per Massimo Ranieri, mamma per Morandi. Io, naturalmente, allora non c’ero, ma quei racconti hanno riempito le mie serate autunnali, tenendomi incollato alla sedia come fosse un romanzo d’avventura.
Papà, bello come il sole e con quell’aria da “figlio dei fiori”, era il Morandi di Liveri, il suo paese natale. La gente lo guardava e diceva: “Ma è lui o non è lui?” Mamma custodisce ancora gelosamente una foto del suo servizio militare, e vi giuro, ci vuole una lente d’ingrandimento per capire chi è Morandi e chi è papà.
Ma non finisce qui. Le canzoni di Gianni erano la colonna sonora della gioventù di mamma e, per osmosi, della mia infanzia. Negli anni ’80, durante i lunghi pomeriggi estivi, in casa nostra i musicarelli erano un rito sacro. All’inizio li guardava mamma, poi, senza accorgermene, mi ci sono appassionato io. Ancora oggi, lo ammetto, quando li replicano in TV, non resisto.
Quei testi che parlavano d’amore, di sentimenti profondi, accompagnati da una musica che sapeva toccare l’anima… Ricordo che alcuni arrangiamenti, l’ho scoperto solo più tardi, portavano la firma di un maestro assoluto: Ennio Morricone. Sono un uomo d’amore anche per “colpa” sua!
E poi c’erano quei viaggi in macchina, quando ero piccolo. Papà, per far felice mamma, metteva una musicassetta di Morandi, una di quelle che uscivano dai fustini del detersivo (chi se li ricorda?). Quelle melodie, quei testi che parlavano d’amore, di sogni e di vita, sono entrati in me. Una canzone, più di tutte, ha segnato il mio cuore: C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones. Da lì ho imparato a odiare la guerra e ad amare la pace.
E poi Sei forte papà. Era un classico in casa nostra. La cantavamo, ci ridevamo sopra, era quasi un inno di famiglia.
E poi c’è Sanremo, il mio primo Sanremo vissuto con Gianni in gara. Cantava La mia nemica amatissima, e ricordo ancora papà, più arrabbiato di mamma, per quell’ottavo posto che non rendeva giustizia. Era il Sanremo vinto da Tiziana Rivale, lo stesso in cui un grande Vasco Rossi lasciò il segno con Vita spericolata. E come dimenticare Si può dare di più, la mia prima vittoria a Sanremo… non che l’abbia vinto io, certo, ma era la prima volta che il mio gusto coincideva con il podio.
E poi, infine, Uno su mille. Era la canzone di papà, la sua filosofia di vita. “Finché non suona la campana, vai avanti!” diceva. Papà è caduto tante volte, ma si è sempre rialzato. E quando, purtroppo, la campana ha suonato davvero, quella canzone è rimasta lì, a ricordarmi la sua forza e la sua resilienza.
Ecco perché sono così. È tutta colpa di Gianni Morandi. E sapete una cosa? Non potrei esserne più felice. Buon compleanno, caro Gianni, giovane ottantenne, che con la tua musica hai accompagnato i giorni miei e di tanti altri. Grazie di cuore.
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