UN “GENIO” (INCOMPRESO)…

di Emilio Vittozzi

I libri che ha scritto sono più dei trofei che ha sollevato…
Ma questa affermazione non deve trarre in inganno: Ezio Vendrame è stato un giocatore con delle qualità tecniche straordinarie; semplicemente, non ce la faceva a stare negli schemi. Ma non solo quelli del Calcio; soprattutto quelli della Vita. Un anticonformismo che poteva sembrare fine a sè stesso e che invece era la cartina al tornasole di una creatività inesauribile e sempre fuori dalle righe, che si esprimeva spesso anche sul campo; come quel giorno in cui, con addosso la maglia del Padova, si rese conto che la partita contro la Cremonese era destinata per forza a finire 0-0. Prese il pallone e dribblò tutti i compagni di squadra puntando verso la propria porta, evitò anche il portiere e poi arrivato sulla riga non fece autogol… Fermò il pallone, si girò e ripartì verso la porta avversaria: era il suo modo di dire “Io non ci sto”, di esprimere la sua ribellione verso un Calcio che gli piaceva da pazzi come gioco ma gli faceva davvero schifo come business.
Lo hanno paragonato a George Best, ovviamente con le dovute proporzioni in tema di obiettivi raggiunti. Ma rispetto al fuoriclasse irlandese, Vendrame è stato di un’altra categoria sotto il profilo della Cultura. Una delle sue frasi-chiave è: “Questa vita non mi assomiglia, voglio vivere in un quadro di Chagall”.
Nel novembre del 1974, dopo un allenamento con il Vicenza, gli arrivò una telefonata dalla sede del club: “Fai la valigia e vai a Milano, devi firmare per l’Inter”. L’occasione della vita, la possibilità di giocare a San Siro. Arrivato a Milano ed appena appoggiata la valigia nella stanza d’albergo lo raggiunse una seconda telefonata: “E’ cambiato tutto. Vai al Napoli. Ti vuole a tutti i costi l’allenatore Luis Vinicio”.
Ma, poi, a Napoli, calcisticamente parlando, fu un flop. Come quasi tutta la sua carriera calcistica, se si parla di vittorie sul campo.
Ezio Vendrame rappresenta, a tutt’oggi, uno dei più grandi talenti inespressi che il calcio nostrano abbia prodotto, una specie di Gorge Best italiano, alla pari di Gigi Meroni, Gianfranco Zigoni, Evaristo Beccalossi, Antonio Cassano (tanto per citarne solo qualcuno…).
L’allora presidente della Juve, Giampiero Boniperti, lo avrebbe paragonato all’argentino Mario Kempes.
Con il suo modo di fare scanzonato, l’aria di hippie, i capelli lunghi, il suo spiccato anticonformismo, si accattivò subito le simpatie dei tifosi biancorossi del Lanerossi Vicenza, per i quali sarà un idolo indimenticato, nonostante abbia giocato anche con la Torres, il Siena, il Rovereto, il Napoli, il Padova.
Capelli lunghi, calzettoni abbassati, una propensione ai dribbling e al passaggio d’esterno: l’immagine di Vendrame…
Vietato bere? Beveva come una spugna.
Vietato fumare? Fumava come un turco.
Vietato uscire dal ritiro? Era sempre fuori.
Anche per questo non è diventato mai un campione…
Dopo il calcio giocato, ha iniziato a scrivere poesie, autentici telegrammi brevi: alcune sono state messe in musica dai “Tetes de bols” e da Nicola Costanti.
Il suo idolo-amico del cuore? Piero Ciampi, Poeta livornese.
In un suo libro (“Una vita fuori gioco” – Rizzoli) parla del primo amore (che non si scorda proprio mai), della sua infanzia in un orfanotrofio, del suo primo ed unico presepio, del suo tunnel a Gianni Rivera (!)…
Pagine chiare, esaustive, crude, dove l’Autore evidenzia tutto se stesso senza alcun problema di pudore.
Leggere il suo palmares può essere un esercizio sterile: ha vinto un campionato di serie D con il Pordenone.
Leggere qualche suo libro invece è un tempo investito meglio: il talento con la penna in mano era simile a quello che esprimeva con un pallone tra i piedi.

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