UN GRANDE MUSICISTA: PIETRO QUIRINO

di EMILIO VITTOZZI

Oltre a possedere una splendida voce, Pietro Quirino ha un’innata capacità di coinvolgere il pubblico durante i suoi spettacoli musicali.

Inoltre, è colto, aggiornato, disponibile, umile con tutti, nessuno escluso.

– Pietro, in pratica la tua “carriera artistica” è un raffinato excursus storico della canzone napoletana con un risultato d’altissimo livello. Te ne rendi conto?

– Ti ringrazio, caro Emilio, delle Tue parole: fa piacere quando il proprio percorso artistico, con tutti i sacrifici che comporta, viene riconosciuto.

Ancora più piacevole è quando il riconoscimento viene da un “addetto ai lavori” come Te.

 

 

– Dal Gruppo Studio Folk al cd “Saracena” con il Gruppo “La Moresca”: ne è passata acqua sotto il ponte, no?

– Tanta. A volte mi vengono le vertigini a guardare indietro e ripensare ai tanti volti di spettatori, in tutto il mondo, sui quali sono passati i miei occhi.

Adesso mi appare come un piano sequenza unico e questo un pò mi dispiace: il tempo appiattisce i ricordi e può sembrare omogeneo anche ciò che non lo è stato affatto… In realtà ogni concerto, oserei dire ogni nota, ha avuto un sapore irripetibile, ma ogni attimo misura un attimo e non può essere rivissuto che all’interno di un piccolo “Bignami” nel quale tante sfumature, tanti particolari evaporano…

 

 

– Ha ancora senso cantare il Lingua Napoletana in un contesto di globalizzazione generale?

– Sai, forse oggi, più che in passato, le differenze culturali, in primis “La lingua addutata da Patri” (per dirla con il grande Ignazio Buttitta), sono un patrimonio da difendere, una delle poche ricchezze vere che restano a questo mondo globalizzante.

Al di là delle rozze baracconate fasciste e leghiste, la verità è che la consapevolezza della propria identità storica a rendere tollerante ed “accogliente” un popolo e noi napoletani abbiamo un nobile passato di tolleranza ed integrazione, anche se più che di “Melting pot” oggi credo si debba parlare di “Salad bowl”. In quanto alla Lingua Napoletana in sè, come tutte le lingue vive, essa è soggetta a continui cambiamenti; ci sono, infatti, tante “Lingue Napoletane”: quella dei canti folkloristici, quella di Eduardo, quella di Di Giacomo, quella di Ferdinando Russo, quella di Pino Daniele, quella di Massimo Troisi, quella degli “Almamegretta”, ecc. ecc., tutte con eguale diritto di cittadinanza. Questa enorme varietà di linguaggi ha prodotto, produce e produrrà sempre cultura viva ed originale fino a quando sarà legata all’anima della città.

Altro discorso vale, invece, per il “Napolese”, un napoletano italianizzato in salsa birignao, tipico di una certa borghesia.

 

 

– Quanto valgono i ricordi (musicali, ovviamente) per Pietro Quirino?

– Beh, nel mio caso i ricordi sono sia teatrali che musicali. Mi viene in mente il terribile ma stupendo panico prima che si apra il sipario e ti sembra di aver dimenticato tutto (un pò come capita allo studente dinnanzi al docente – n.d.R.): poi entri in scena e, per magia, tutto va al suo posto. Ricordo poi gli splendidi registi che ho avuto: da Romolo Siena a Gerardo D’Andrea, da Gennaro Magliulo a Peppe Vessicchio, da Gabriele Lavia a Nino Masiello, da Carlo Croccolo a Roberto De Simone e i meravigliosi compagni d’arte anche per una sola serata: Umberto Orsini, Lina Sastri (che Artista! – n.d.R.), Sandro Massimini, i Platters, Silvio Orlando, Peppe Barra, Giovanni Mauriello, Antonio Casagrande, Angela Pagano, Paolo Rossi, Serena Dandini e… mò basta, se no mi sento vecchio!

Quanto valgono questi ricordi mi chiedi? Ognuno di essi è un pezzo della mia formazione di artista e mi accompagna ogni volta che sono in scena.

 

 

– Quanto vale la tua ugola? Quanto il tuo sorriso coinvolgente?

– Ma come, vai a chiedere ad un artista, narcisista come tutti gli artisti, e per di più cantante, quanto vale la sua ugola? E che devo risponderti? Tanto, no?

Il mio sorriso? Io spero che ad essere coinvolgente sia tutto il mio corpo, che ogni volta io riesca a dettare al pubblico i tempi di respirazione. Spesso ci riesco alla grande, a volte meno…

 

 

– Nel Mondo dello Spettacolo regna sovrana la falsità: hai qualche amico vero, qualche amica sincera?

– Mah, quando si fa questo lavoro, per un periodo, a volte anche lungo, vivi praticamente per giorni interi insieme ai tuoi compagni di lavoro e condividi tutto, ma proprio tutto. Poi, finite le repliche, spesso è come se svanisse tutta quell’arcana magia che ci legava e ci si allontana. E’ un pò come vivere un’esperienza di divorzio… I primi tempi che lavoravo nello spettacolo questa cosa mi faceva stare male; poi, con il tempo, anche il mio cuore è divenuto più elastico…

Sai? Mi viene in mente che, forse, la scelta che ho fatto, da una decina di anni, di fare dei concerti da solo con il “Quartetto Calace” è un pò figlia della voglia di non vivere distacchi del genere lavorando sempre con le stesse persone.

 

 

– La canzone che fischi o canti più spesso sotto la doccia?

– Dipende dai periodi: c’è il periodo barocco, quello lirico vero e proprio, quello popolare, quello dell’operetta e, quello più frequente, della canzone napoletana che è il più gradito dal condominio…

 

 

– Se Napoli fosse una canzone sarebbe…

– E’ una parola… Forse “Jesce sole” di Roberto De Simone, con tutto il suo carico di pathos e la sua metastorica atmosfera…

 

 

– Quale è il Gotha dei personaggi famosi di Napoli per Pietro Quirino?

– Quante pagine hai per la risposta? Ma sono tantissimi… Da Eduardo a Roberto De Simone, da Massimo Troisi a Benedetto Croce, da Antonio Genovesi a Luigi Vanvitelli, da Luca Giordano a Giovambattista Pergolesi, da Alessandro Scarlatti a Leonardo Vinci, da Giuseppe Pacileo a Totò, da Salvo D’Acquisto a Totonno Juliano, da Salvatore Accardo a Riccardo Muti, da Masaniello ad Eleonora Pimental Fonseca e via meravigliosando…

 

 

– Quale domanda ti aspettavi ed, invece, non ho fatto?

– Forse questa…

 

 

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