Un piccolo esercito di vinti che campa arrangiandosi, seppure con grande fierezza. Vinti dal malaffare, criminalità, dalla mancanza di lavoro e soffocati dall’indifferenza. Vite ricche eppure miserabili della gente del Sud che sogna, spera, si illude e poi è costretta a capitolare davanti all’apparir del vero. Persone comuni che combattono eroicamente per affermare la propria dignità in un mondo che sembra non accorgersi di loro. Invisibili agli occhi degli altri ma con tanta voglia di manifestare la loro presenza, fatta di tanta precarietà e altrettanta dignità.
In “Pastorale vesuviana” Tonino Scala racconta stralci di vita di gente comune, come Rosario il fuochista che combatte la sua personale guerra contro la cementificazione selvaggia, oppure della triste Dolceremì, abusata prima dallo zio e poi dal suo capoufficio, che è costretta a concedere il suo corpo per veder riconfermato il suo non faraonico contratto a tempo. Ancora di Peppe o vichingo, boss della malavita, che pur avendo una moglie bellissima non riesce a soddisfarla per un ammutinamento del suo lui moraviano.
Nella galleria dei nuovi vinti ci sono anche due ragazzi di colore che sognavano un avvenire migliore in Italia e che invece incontrano solo rancore e delinquenza da cui scappare verso una terra che sappia accoglierli e dove integrarsi realmente.
E ancora la storia di di Mimmo l’operaio Fincantieri che lotta disperatamente per non perdere il lavoro o ancora di Tonino che ha abbandonato Torre Annunziata per rincorrere un avvenire migliore al Nord.
Infine come non segnalare il dibattito politico che scaturisce in una sezione di Sinistra e Libertà per la presenza di una gallina?
Allora si apre tra i pochissimi iscritti un dibattito surreale, impietoso, che però la dice lunga sul livello di crisi della Sinistra italiana.
E sullo sfondo troviamo, come in quasi tutti i libri di Tonino, città bellissime ma profondamente violentate come Castellammare e Torre Annunziata col loro carico di dolente umanità in fuga forse anche da se stessa.
Una volta Torre e Castellammare dettavano legge in materia turistica con una vivace dolce vita tra le sponde del Lido Azzurro e le pinete delle Terme stabiane e ora, invece, sono state declassate al rango di Cenerentola.
Tanto spreco di bellezza ovviamente genera un buco economico difficile da colmare e che, anzi per riflesso, crea un profondo malessere generazionale per le occasioni perse e per aver dilapidato un patrimonio paesaggistico e artistico.
Da contraltare alle pagine delle vicende raccontate ci sono citazioni di articoli sul disastro napoletano e del suo hinterland con una camorra spietata che spara a tutto spiano, con la disoccupazione galoppante che supera il cinquanta per cento, per la fuga dei cervelli con la meglio gioventù campana che va ad arricchire altri paesi, insomma su un mondo che va inevitabilmente a rotoli.
E vediamo come se la passa Mimmo, operaio della Fincantieri.
Tonino Scala dà voce all’eterna lotta tra bene e male dove i confini sono così labili da essere cancellati insieme al silenzio delle nostre coscienze dove solo poche anime si ribellano. E quando lo fanno sono costretti a compiere gesti estremi.
Sembra che dalle nostre città siano scomparse le tracce di una bellezza millenaria insieme al suo apparato produttivo, tipo Deriver e Cirio, ma se scompare tutto alla fine cosa ci resta?
Tonino Scala, Pastorale vesuviana, Utopia edizioni
Leave a Reply