Addio Pietro, compagno di tante battaglie e di tante sconfitte.
Ero in macchina, stavo andando al Vomero per la presentazione di un libro di Giancarlo Siani. Un volume che raccoglie tutti gli articoli del giovane cronista ucciso dalla camorra ben trenta anni fa. Ero con mio figlio, Giovanni, il grande: tredici anni di uomo. Arriva una telefonata: è mio padre. “Tonì è morto Ingrao”. Silenzio, me lo aspettavo, prima o poi doveva accadere: aveva cento anni. Una lacrima solca il mio viso, arriva a toccare le labbra: è amara. Giovanni mi guarda…non dice nulla. Nella mia mente riaffiorano tanti ricordi, una vita di lotte, di passioni, di sconfitte. Con Ingrao ho perso tutte le battaglie politiche della mia vita, diciamo che mi son messo nel solco della sconfitta, per tanti sono destinato a essere per sempre minoranza. L’unica certezza, lo assicuro a me stesso, non sarò mai minorato politico. Almeno spero. Sarà vero? Ai posteri l’ardua sentenza. Quella ricerca spasmodica che vede la politica come primato e sintesi tra democrazia partecipativa e democrazia rappresentativa continua ad affascinarmi ed è quello il fulcro del mio lungo e tortuoso percorso politico. Ho conosciuto Pietro quando avevo ancora i calzoncini corti. XX congresso del PCI, ero un figgicciotto. La mozione Ingrao-Cossutta ottenne il 26,77% dei voti eleggendo 339 delegati, uno lo eleggemmo noi giovani napoletani: si vendette strada facendo passando dall’altro lato. Oggi è un dirigente del Pd ed è consigliere regionale in Campania. Non volevamo cambiare il nome. La nostra non era una scelta nostalgica, non l’attaccamento a quella falce e martello, alla bandiera rossa. Sì, c’era anche quello come corollario, ma eravamo convinti che non si potesse buttare alle ortiche le proprie storia e identità, lasciando al proprio destino milioni d’individui. Perdemmo, alcuni compagni fondarono Rifondazione Comunista, molti di noi, compreso Ingrao, restammo nel nuovo partito, il PDS. L’ultimo partito “vero” della sinistra italiana. Abbandonai quando iniziò un irreversibile processo di mutazione genetica, lo sentivo, ahimè avevo ragione. Era il febbraio del 1998, era in atto il congresso di trasformazione del Pds in Ds, ero consigliere comunale nella mia città, non rinnovai la tessera, rimisi da indipendente nel gruppo fino a fine consiliatura. Poi fondai un movimento sempre con quella grande ambizione, era il periodo dei girotondini, ci alleammo i Comunisti Italiani. Ancora una scissione fondammo un’associazione con i compagni fuoriusciti dai Ds, Sinistra Democratica. Insieme a tanti compagni costruimmo Sinistra Ecologia e Libertà il partito nel quale milito, nonostante le sofferenze. Nel frattempo i Ds erano diventati PD e… Un suicidio politico senza precedenti per i lavoratori oramai non più rappresentati in parlamento. Una vita travagliata la mia e così come quella di tanti negli ultimi venti anni. Una sinistra che non riesce a trovare pace, una ricerca senza fine con tanti errori molti dettati più da ambizioni personali che politiche. Sel? Non la soluzione, Fabio Mussi nel congresso fondativo disse che eravamo un soggetto biodegradabile, pronto a sciogliersi per la costruzione di un grande partito di massa. L’importanza di Sel è il provare a essere il baricentro tra piccole forze e movimenti, per provare a ridare una Sinistra al nostro paese, con la speranza che quella deriva minoritaria, ben diversa da essere minoranza, non trasformi la battaglia per i diritti e per il lavoro una mera testimonianza. Questo è quello che provo a dire, a fare oggi nel mio piccolo partito tenendo sempre presente quella sintesi tra democrazia partecipativa e democrazia rappresentativa che Pietruzzo mi ha inculcato più di vent’anni fa. Cent’anni di solitudini politiche e di ricerca quelle di Pietro. Solo quarant’uno per fortuna le mie solitudini politiche…la notizia della morte di Ingrao apre non una ferita ma una riflessione profonda che bisogna ancora essere elaborata. Giovanni, mio figlio continua a non parlare. Siamo arrivati al Vomero con un po’ di ritardo: maledetto traffico! Una bella discussione con Arnaldo Capezzuto e Pasquale Testa su un libro interessante che fa riflettere sulla vita di un giovane cronista morto sul lavoro grazie alla mano violenta di criminali. Siamo al Vomero, mio figlio non ha mai visto San Martino, andiamo dico. “Certo che sì” la sua risposta. Il paesaggio è incantevole, la serata fantastica. Mio figlio resta incantato. “Dobbiamo portare anche mamma e Pippo” poi guarda il cielo, ammira la luna: è rossa. “Papà, la luna è rossa…in onore del tuo amico Pietro Ingrao” dice. Lo guardo, lo abbraccio “Ce ne dici di un gelato?”. “Già sai” la sua risposta.
Volevi la luna…ieri era rossa! Addio Pietro compagno di tante battaglie e di tante sconfitte.
Tonino Scala
* L’ennesima lucida, chiara, precisa analisi di Tonino Scala…
Nonostante l’amarezza di un Compagno che va via definitivamente, io leggo passi di autentica poesia.
Pietro Ingrao aveva cent’anni, Giovanni Scala tredici: potremmo affermare il vecchio e il bambino, il passato e il futuro.
Con una sola speranza: costruire una società a dimensione d’uomo, dove i giovani non siano considerati rompiscatole e gli anziani non siano paragonati a pesi inutili!